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DANIELE MAMMARELLA |
Moonshine |
Music Force |
2021 |
ITA |
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Torna col suo secondo lavoro il chitarrista acustico pescarese Daniele Mammarella, vincitore già in giovanissima età di importanti riconoscimenti come riportato nella recensione del suo esordio. La proposta musicale non cambia, che vede lui da solo proprio alle chitarre acustiche, con cui molto spesso riesce a intrattenere bene l’ascoltatore grazie a uno stile come al solito molto energico e solare. Il suo fingerpicking originario viene a volte contaminato col blues, come accade fin dal titolo con pezzi come l’iniziale “Shadow Blues” o la seguente “In the Sky”. In quest’ultimo caso, c’è anche qualche rimando al Roberto Ciotti più acustico della colonna sonora di “Marrakech express”. Sembra subito un’ispirazione con cui guardare verso i grandi spazi aperti, soprattutto quelli statunitensi, come si può percepire su “Twister”, dove si suona e si percuote la cassa della chitarra per scandire il ritmo quando serve. Ma anche sulla title-track, in cui il nostro sciorina note veloci in precisi passaggi della composizione. Dalla traccia “D-Train” in poi, pur mantenendo delle pennate molto secche e decise, l’album diventa man mano sempre più meditativo, con un occhio di riguardo per le melodie di “Flying”. Particolare è anche “Ireland Blues”, che tentando uno strano connubio tra culture crea qualcosa che a tratti suona introverso, per poi lasciarsi di colpo andare e quindi rallentare nuovamente. Diciamo che la precedente “Waterfall” ne era stata un po’ il preludio. Tra le tredici composizioni rimangono degne da citare “Dreaming” e soprattutto “Blazing Sun”, composta e suonata con Christian Mascetta, che presenta sonorità tendenti ad una “psichedelia rurale” simile in certi momenti ai primi Hot Tuna. Di questo pezzo, si è fatto anche un video. Chiusura affidata a “Goodnight”, che potrebbe ben figurare come commento sonoro in una delle tante pellicole italiane degli ultimi tempi, i cui giovani attori insipidi vengono spesso salvati proprio dalle musiche, capaci di ricreare quelle sensazioni che ormai la recitazione stenta a rappresentare. Commentando ancora una volta che questo tipo di proposta non c’entra nulla col prog, anche inteso nel senso più ampio del termine (a scanso di equivoci, soprattutto con i relativi canali di distribuzione), anche stavolta viene salutato con simpatia un prodotto ben suonato e registrato, la cui lunghezza dei brani non supera mai i tre minuti. Una buona scelta, anche perché i relativi contenuti musicali sono quasi sempre ben espressi all’interno del ridotto minutaggio.
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Michele Merenda
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