Home
 
LYKE WAKE At the end of the dream. Where nothing remains / Symphonic noise autoprod. 2021 ITA

Veterano della prima scena industrial noise italiana, Stefano Di Serio alias Lyke Wake (tradotto come “Veglia Funebre”) ha iniziato la sua attività negli anni ottanta sviluppando un suo particolare stile che insieme alle sonorità più abrasive, minimal e claustrofobiche tipiche del genere si apriva a contaminazioni ed esplorazioni di stampo cosmico/ambientale che facevano riferimento anche a tendenze progressive, sempre all’insegna di una gelida estetica post industriale e gotica. Artista rimasto integro e fedele alla sua personale visione, nonostante una lunga pausa creativa tra il 1990 ed il 2010, a tre anni di distanza da "Crawling Through The Abyss Of Pain/Symphonic Noise” Lyke Wake ha realizzato la sua ultima imponente opera, una lunga composizione-suite di oltre sessanta minuti in cui approfondisce in maniera radicale il linguaggio neoclassico e sinfonico già precedentemente esplorato nei suoi precedenti lavori, sempre attraverso l’utilizzo di una austera quanto glaciale elettronica. “At The End Of The Dream” è un’esperienza crepuscolare che fa riferimento in particolare ad un tema ricorrente di Lyke Wake, quello dell’esperienza onirica e dello sradicamento esistenziale in una realtà che appare estranea e distante. Rigorosamente suonato ed eseguito nell’incontaminata solitudine, salvo alcuni inserti di flauto suonati da Fulvio Biondo (attivo in passato con Solar Lodge e più recentemente La Regione Centrale), “At The End Of The Dream” possiamo considerarla una suite per tastiere, synth e campionamenti, senza percussioni o concessioni ritmiche: la gelida atmosfera decadente ed onirica, vagamente (ed inevitabilmente) “necrofila” e “catacombale” in certi frangenti, trasmette sensazioni genuinamente gotiche ed oscure, senza mai disperdersi in soluzioni eccessivamente criptiche od ostiche, fra dark ambient di derivazione Dead Can Dance, l’elettronica progressiva nelle sue diramazioni neoclassiche (il Klaus Schulze di opere come “Blackdance”, “Timewind” e “Dune”, il Peter Baumann solista), ed echi del progressive italiano dalle tinte più oscure e spaziali (Antonio Bartoccetti, Sangiuliano, Goblin…). Atto musicale coraggioso, indipendente e senza compromessi, “At The End Of The Dream” in quanto tale non necessita di particolari sviscerazioni in senso negativo, forse giusto un appunto su alcune soluzioni che tendono a dilungarsi un po' oltre il limite mentre altre, in particolare verso la chiusura, di pregevole effetto, potevano essere ulteriormente sviluppate; talvolta il filo sottile che separa indipendenza ed amatorialità rischia di essere leggermente fragile… Nel suo insieme, “At The End Of The Dream. Where Nothing Remains”, è un’opera da esplorare ed ascoltare con la mente aperta, sgombra da pregiudizi, anche se è sempre raccomandata un minimo di predisposizione verso sonorità votate all’oscurità...



Bookmark and Share

 

Giovanni Carta

Italian
English