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RACHEL FLOWERS Bigger on the Inside autoprod. 2021 USA

Nata prematura e cieca dalla nascita Rachel Flowers, compositrice e multi strumentista, ha dimostrato il suo grande talento fin da bambina, ricevendo numerosi riconoscimenti sia come flautista che come pianista. La sua formazione come pianista classica inizia prestissimo, all’età di quattro anni, mentre l’amore per il jazz arriva a soli nove anni. Rachel è inoltre una grande amante degli EL&P ed in particolare di Keith Emerson il quale ha riconosciuto il suo grande talento e la ha invitata a suonare, nel Febbraio del 2012, il suo prezioso Moog modulare. Ma numerosi sono i vanti e le collaborazioni di questa brava e sensibile musicista e sulla sua vita esiste persino un documentario intitolato "Hearing Is Believing". Ha ottenuto il secondo posto nel concorso jazz studentesco al Ventura Music Festival in California nel 2010 e lo ha vinto l'anno successivo. Si è esibita con Dweezil Zappa, Arturo Sandoval, Taylor Eigsti, Jeff "Skunk" Baxter, Marc Bonilla, Jordan Rudess, Steve Porcaro, Rick Wakeman, Burt Bacharach e Bob Reynolds. Ha già realizzato, prima di questo, due album solisti, "Listen" (2016) e "Going Somewhere" (2018), di ispirazione più strettamente jazz rock e fusion, e vanta collaborazioni con Michael Sadler dei Saga e la band fusion Stratospheerius, oltre che crediti discografici con Marcelo Paganini e Telergy. E’ protagonista di “Beyond the Stars”, progetto dedicato alla musica orchestrale di Keith Emerson e del set di CD e DVD “Fanfare For The Uncommon Man: The Official Keith Emerson Tribute Concert”. Rachel suona inoltre il basso, il sax, la chitarra ed il Chapman Stick e possiede oltretutto una bellissima voce con un’estensione di tre ottave e mezzo.
E’ difficile non rimanere colpiti da un curriculum così ampio e ben assortito ma scommetterei che otterrebbe tutta la vostra attenzione soltanto con la forza della sua musica che in questo nuovo CD si orienta verso il Prog in modo più deciso rispetto al passato. Keith Emerson e Frank Zappa sono i punti di riferimento fondamentali per questa artista e soprattutto del primo vengono emulate le inconfondibili parti organistiche. C’è anche molta chitarra elettrica in questo album, con elementi che traggono ispirazione da Steve Vai, Steven Wilson e da Adrian Belew a cui è dedicata in particolare la prima traccia che sfoggia come titolo inequivocabile le sue iniziali “AB”.
Lo stile di Rachel è estremamente arioso e sinfonico e ricorda quello di certe band americane come Glass Hammer e Spock’s Beard e di artisti come Neal Morse (ascoltate ad esempio “Feel”), in una formula fruibile ed edulcorata, con arricchimenti tastieristici decisamente Emersoniani, garbate contaminazioni soft jazz e fusion e momenti in cui il virtuosismo di questa brava artista, che fa tutto da sola, si fa sentire in modo più esplicito. I sentimenti che giungono a chi ascolta sono sempre di luce e speranza, anche quando si affrontano temi come l’oscurità “The Darkness”: “Il messaggio che vorrei trasmettere agli ascoltatori” spiega Rachel ”è che ci sarà l’oscurità ma puoi volare, puoi amare ed essere amato e l’oscurità è solo temporanea”. Dopo una spumeggiante ed elettrica “AB”, l’organo che ci introduce la successiva “Take me Away” ha delle sembianze regali. Il canto limpido si staglia su una coltre tastieristica tenue e gi arrangiamenti sono delicatamente orchestrali. E’ questo l’inizio di un viaggio musicale che ci porterà in territori diversi anche nell’ambito della stessa traccia. Rachel non può fare a meno di sfoggiare la sua bravura con articolati assolo tastieristici che sconfinano spesso in territori fusion. Alcuni episodi sono molto intimistici ed introspettivi, come la delicata “Too Much”, vellutata e di grande atmosfera eppure arricchita da arrangiamenti sofisticati. Accanto ad episodi semplici e romantici, come la radiofonica “Love Today” o la dilatata “Beautiful Dream”, ve ne sono altri più briosi come “This is the Way I am” in cui lo spirito di Emerson torna a farsi sentire con esuberanza. Forse il momento più bello dell’album è proprio la già citata “The Darkness” per il suo piglio orchestrale e per il suo interessante disegno di insieme.
Sicuramente Rachel è all’altezza di tutti i ruoli che si trova a ricoprire da sola in questo album ammiccante ma ben realizzato e di grande sostanza. Vi invito a scoprire questa artista, che ha di fronte a sé ancora tanta strada per continuare a crescere e mi auguro, da parte mia, di poterla veder interagire con altri musicisti di grande calibro perché sono certa che potremmo aspettarci in questo caso delle sorprese ancora più intense: non è comune trovare infatti artisti come lei, con grandi qualità tecniche e allo stesso tempo tante belle idee.



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Jessica Attene

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