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PROAGE |
Coelum |
Prog Metal Rock Promotion |
2022 |
POL |
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La complessa storia di questa band (vedi l’ottima recensione dell’album precedente) si arricchisce di un nuovo capitolo che sembra costituire un ulteriore passo in avanti nell’evoluzione musicale della band stessa. Nessuna variazione è intervenuta nella formazione, che annovera gli stessi sei musicisti che hanno dato vita al precedente lavoro, ma la sostanza della musica è cambiata in maniera piuttosto decisa, lasciandosi quasi del tutto alle spalle il passato Prog-metal e new Prog in favore di una musica prevalentemente acustica, dalle forti influenze jazz e Canterbury. Ecco che quindi Krzysztof Walczyk lascia da parte le sue tastiere elettroniche, sia analogiche che digitali, dedicandosi questa volta solo al pianoforte classico, così come la chitarra utilizzata da Sławomir Jelonek è solo quella acustica. Per l’occasione si affianca al gruppo un coro femminile, le Swing Sisters, ad arricchire le soluzioni vocali, riportandomi alla memoria le Alibabki, analogo ensemble vocale femminile che ha coadiuvato diversi gruppi e artisti polacchi negli anni ’70; molto più discreto il contributo di queste tre vocalist, ad ogni modo. Le canzoni dell’album, otto in tutto, sono tutte di durata abbastanza contenuta tranne l’ultima (“Nebula”) che sfora di poco i 10 minuti. Il risultato è un minutaggio totale di circa 38 minuti che, se si vuole, si può fare in modo di raddoppiare acquistando la versione su doppio CD e contenente lo stesso album sia in lingua inglese che polacca. Le canzoni di questo nuovo album, si diceva, danno fin da subito da fare alle sinapsi di coloro che già conoscevano la band, trovandosi spiazzati dalle sonorità inedite per il sestetto, con ampie parti di sax (strumento già presente ma limitato in precedenza ad un ruolo di contorno), batteria spazzolata più che picchiata e suoni decisamente orientati su un jazz-rock abbastanza brillante ed arioso, con ritmiche sincopate ed odori canterburyani decisi, anche se non preponderanti. Non si sa se questa nuova attitudine musicale della band sarà duratura, anche se qualcosa mi dice che ci sarà da attendersi nuove sorprese in futuro, tuttavia sembra che i musicisti si trovino perfettamente a loro agio ad affrontare questa forma musicale, che a tratti ricorda un po’ anche gli Steely Dan, dando vita a brani che gigioneggiano tra tendenze più orecchiabili e parti strumentali più complesse, con un sax che spesso non rinuncia a blandirci con le sue note di intima complicità. Alcuni brani sembrano troppo brevi e danno quasi una sensazione di incompiutezza e ci lasciano un po’ insoddisfatti ma in generale scorrono via in modo leggero e piacevole, senza intoppi e quasi senza accorgercene si arriva alla traccia finale, la già citata “Nebula”, che procede languidamente per tutta la sua lunghezza, col discreto supporto vocale delle coriste che si fa sentire maggiormente e che, paradossalmente, avrebbe potuto durare molto di più, di questo passo, ma in verità sarebbe stato solo un inutile e lezioso prolungamento. Un album delizioso, in definitiva, sorprendente per chi già conosceva questa band, non privo di qualche manierismo e che forse può non piacere a tutti, specialmente chi apprezzava i precedenti.
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Alberto Nucci
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