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MASSIMO PIERETTI A new beginning autoprod. 2022 ITA

Al termine di un lungo percorso formativo, sia musicale che personale, Massimo Pieretti arriva a pubblicare il suo primo album, frutto di un lungo tragitto che lo ha portato ad affrontare, quasi partendo da zero, e non certo in tenera età, l’impresa di costruirsi una nuova vita in ambito musicale, riuscendo a conseguire il diploma presso il conservatorio di S. Cecilia e diventando un accreditato insegnante di musica e pianoforte, mantenendo anche i piedi sul palco assieme a gruppi che spaziano tra il pop, il folk e il metal. La sua vecchia passione però è rivolta al Progressive Rock e qui su Arlequins questo lo sappiamo bene, dato che Massimo è stato in passato nostro collaboratore e sul sito potete ancora reperire alcuni dei suoi articoli. Personalmente, poi, ho condiviso con lui numerosi viaggi in giro per il mondo, e mi fa particolarmente piacere trovarmi a parlare di questo suo lavoro musicale in cui riesco sì a ritrovare parecchio di quanto conoscevo di lui ma in cui si percepiscono molte nuove esperienze e sensibilità che ha maturato in questo suo percorso di crescita personale.
L’album è costituito da ben 15 tracce dalla durata piuttosto breve ma in cui i singoli episodi sembrano confluire l’uno nell’altro, quasi come una lunga suite (anche se in realtà non sono fisicamente legate), con un percorso evolutivo ma ciclico, con situazioni e trame che si ripresentano e variano di volta in volta, partendo da ricordi di situazioni personali, dai rapporti con la famiglia e i tormenti interiori fino ad ampliare la visione in uno sguardo verso la propria concezione della musica, della vita e dei rapporti interpersonali. Per quest’album Massimo si è avvalso di una folta schiera di collaboratori e musicisti invitati a fornire un proprio contributo; per noi appassionati di Prog il nome che spicca maggiormente è quello di Ray Weston degli Echolyn, chiamato a prestare la sua voce su alcune tracce, ma l’elenco comprende numerosi nomi, più o meno noti, che apportano voci, archi e fiati oltre ovviamente alla classica strumentazione rock.
L’aspetto dell’album, a livello generale, è molto raffinato, con ritmiche quasi mai sopra le righe; a conti fatti c’è solo un episodio (“Family and Business”, con la graffiante voce di Lorenzo Cortoni) in cui il rock assume movenze più ritmate mentre il resto dei brani si dipana su atmosfere spesso soffuse, talvolta quasi sperimentali, con poche ma mirate aperture strumentali. Nella prima metà delle tracce le atmosfere sono maggiormente intimistiche, nostalgiche, a tratti quasi cupe. Non è casuale, ad esempio, che sullo sfondo di “Out of this World” sia stato inserito il celebre discorso di Charlie Chaplin tratto dal film “Il Grande Dittatore”. Via via che la musica scorre tuttavia possiamo distintamente percepire come l’umore della musica cambi di sfumatura, virando su note di ottimismo, speranza e liberazione. E’ anche indubbio che l’esperienza della pandemia, durante il quale l’album è stato in parte concepito e realizzato, abbia notevolmente influito nel suo sviluppo emotivo.
Il Progressive rock, come si diceva, è senz’altro presente all’interno dell’album (e gli Echolyn, in quanto ad influenze percepibili, non sono tanto lontani) negli arrangiamenti, in certe atmosfere e negli intrecci musicali apparentemente lineari ma che denotano, ad un ascolto attento, un notevole lavoro di rifinitura con una grande attenzione ai particolari. Ciò che predomina è tuttavia un pop elegante, con trame ed ambientazioni musicali sofisticate, con alcuni brani che sono potenzialmente orientati ad essere apprezzati da una audience meno ristretta. Penso ad esempio al bellissimo duetto tra Weston e Germana Noage su “Things To Live and Die for” o anche al brano che apre l’album (dopo il breve intro), la sofferta “Oh Father”, ancora col buon Ray Weston alla voce, o ancora alla soffusa “In November”, questa volta con Marco Descontus dietro al microfono.
Un lavoro dunque soddisfacente, piacevolmente eclettico, in cui Massimo ha riversato tutto sé stesso per confezionare un’opera prima curata e ben definita di cui andare fiero e della quale possiamo ritenere di definirci soddisfatti.



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Alberto Nucci

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