Avevamo lasciato L’Estate di San Martino alle prese col progetto “Talsete di Marsantino”, presentato nella sua forma originale nel lavoro uscito nel 2012 e poi in chiave acustica in “ESM#40” nel 2015, alle cui recensioni vi rimandiamo. Dopo sette anni ritornano alle cronache con un nuovo parto discografico intitolato “Kim”. Kim è la protagonista del concept, basato su un fatto realmente accaduto e cioè sul tentativo di ibernare una ragazza a cui è stato diagnosticato un tumore incurabile, con la speranza di risvegliarla in un futuro nel quale esisterà, finalmente, la possibilità di guarire. Una tematica quindi spigolosa, quanto mai di attualità e legata a diatribe mai sopite tra scienza e religione. La band prova ad affrontare simili questioni con un rinnovamento stilistico che non rinnega il proprio background e si affida anche ad un nuovo cantante che supera la prova con una buonissima interpretazione.
Sorprende subito l’incipit “Cretto”, traccia cadenzata da lenti ritmi elettronici e giocata inizialmente sulle note di pianoforte, poi mostrando un dolce flauto in bella evidenza. È una piacevole introduzione di poco più di tre minuti, ma ci fa pensare ad un allontanamento stilistico rispetto ai precedenti due lavori. E sorprende anche la partenza della successiva “Sul prato”, in una vena cantautoriale, ma dopo un minuto ecco che gli arpeggi di chitarra acustica e, nuovamente, la delicatezza del flauto, riportano su coordinate genesisiane più congeniali. Il brano prosegue con quest’alternanza tra canzone e romanticismo, ma finisce in maniera più vivace, con una bella coda strumentale guidata da una fuga di tastiere, mentre una chitarra funky accompagna senza invadere. A questo punto non sappiamo cosa aspettarci e puntuale arriva un’altra sospesa con “Inanna”, caratterizzata inizialmente da world music, ma anche qui, dopo un minuto si rientra su lidi in cui si intrecciano prog e pop mediterraneo. Anche “Gocce” mescola varie influenze e fa venire in mente un po’ il Maurizio Di Tollo solista, tra soluzioni elettroniche non invadenti, melodie vocali ricercate ed echi di Genesis, sia per il mellotron, sia per un intermezzo acustico, sia per un accenno nei testi ad un “guardiano dei cieli”. Più movimentata “Libera”, in cui emerge anche una vena jazz-rock, mentre “Il ciclope” è un breve strumentale, con la chitarra elettrica, vagamente frippiana, protagonista su ritmi elettronici. Si prosegue poi con una serie di composizioni ad ampio respiro, con una modernizzazione del rock sinfonico tricolore (“Il monaco Pierre”), eleganti venature pop-prog tra Battiato, PFM e, ancora, Genesis (“Immaginami”) e atmosfere più stranianti e dark, quasi à la Goblin (“Caleidoscopio”). Si arriva alla conclusione con “Tewar”, due minuti strumentali di oscure atmosfere space-rock. Segnaliamo che dopo circa cinquanta secondi di silenzio, nel cd, parte poi una ghost-track, che sembra un collage di costruzioni diverse, susseguendosi soluzioni tecnologiche, con la batteria in primo piano, poi la raffinatezza sognante di flauto, pianoforte e tastiere e, infine, le atmosfere incantate e malinconiche in cui spiccano vocalizzi femminili.
Tanta, davvero tanta, la carne al fuoco in questo ritorno del gruppo. Non può essere certo visto come un difetto il passaggio a soluzioni stilistiche più variegate e leggermente differenti rispetto al passato. E il disco è bello. Anzi, azzardiamo a dire anche molto bello. Ma non si può negare che pesa un po’ l’inevitabile confronto con la coppia di lavori precedenti che centravano completamente il bersaglio con un prog romantico di straordinaria classe. L’Estate di San Martino ora si sposta verso nuove direzioni, che hanno un fascino diverso e forse meno immediato, ma questa voglia di esplorare e di andare oltre i confini delle proposte del passato, oltre a denotare coraggio, ha portato sicuramente ottimi frutti.