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ARKITEKTURE Rationalis impetus Merry Go Round 2022 KOR

Sembrano essere sbucati dal nulla questi coreani (del Sud, ovviamente) che, di punto in bianco irrompono nella scena Prog con un album di buon vecchio Prog sinfonico in stile europeo… o addirittura scandinavo… cosa che rappresenta una novità praticamente assoluta per il paese asiatico che pure qualche piccolo contributo al movimento Progressive lo ha dato, nel corso degli anni. In realtà gli Arkitekture non sono esattamente un gruppo nuovo bensì la nuova incarnazione dei Superstring, band che ha pubblicato tre album di rock sperimentale tra il 2016 e il 2018; il terzo di questi album era intitolato proprio “Architecture”, peraltro. Dopo l’abbandono di uno dei membri fondatori, il violinista Haejin Kang, i due fondatori rimasti (Sangman Kim, basso, e Yuntae Kim, batteria) decidono un cambio di orizzonti musicali. Il tastierista Johan Ahn, già presente nei Superstring, arricchisce il proprio parco strumentale e vengono inseriti in organico Katie Dongju Ha (sax e flauto) e Wooah Min (violino e viola) per dar vita a questo album d’esordio con la nuova sigla che, pur con le difficoltà geografiche facilmente immaginabili (in Europa ed America è già molto se, dopo tanti anni, abbiamo cominciato a considerare normale trovarsi alle prese con band giapponesi) è stato ascoltato ed apprezzato da molti appassionati del genere.
Come si diceva, si tratta di Progressive Rock sinfonico, interamente strumentale, con largo uso di tastiere vintage, fiati e violino, molto debitore di band scandinave recenti (l’album peraltro è stato masterizzato in Svezia). Flauto e violino sono strumenti non marginali nella musica degli Arkitekture e lo scopriamo già dalla traccia di avvio “Impetus” (divisa in 5 movimenti) che, dopo un avvio davvero impetuoso, plana su territori musicali delicati e soffusi in cui solo il sassofono o il violino rimangono presenti sulla scena, preparando il ritorno, altrettanto impetuoso, di un’orchestrazione completa di tutta la strumentazione. Il mood generale della musica è piuttosto oscuro e brumoso, come da dettami dei riferimenti scandinavi presi a modello.
La breve “Abnormal Reversible Reaction”, a dispetto del suo basso minutaggio, presenta variazioni e deviazioni schizofreniche che la portano da territori sinfonici a spunti RIO e free jazz. “Prayer for the Dying” invece sfiora i 9 minuti e presenta un intro caratterizzato da un’ondata di Mellotron che sembra travolgere l’ascoltatore e ci riporta ai King Crimson di “In the Wake…”, con momenti carichi di tensione, aperture mellotroniche accattivanti e lunghi inserti di fiati ed archi. Bella canzone, notevole appeal sinfonico e sicuramente un must per ogni appassionato di queste sonorità.
La due lunghe tracce finali (11 minuti cadauna), “Dark Matter” e “The Decay”, sono suddivise rispettivamente in 4 e 5 movimenti. Strutturalmente abbastanza similari, necessitano entrambe di un ascolto non superficiale ed attento ai dettagli. Il campionario di suoni e situazioni musicali che le caratterizzano riecheggiano in parte della vena sperimentale dei Superstring ma immersi in un’atmosfera decisamente Progressive, col Mellotron che di quando in quanto prende magnificamente il sopravvento, disegna dei paesaggi celestiali che vengono popolati dalle evoluzioni virtuosistiche degli altri strumenti.
Al termine di 5 tracce e dopo averci offerto 43 minuti di musica, termina quindi questo bellissimo album, non originale in assoluto forse ma con un suono e un carattere abbastanza peculiare, sicuramente ben concepito e strutturato e con un approccio musicale piuttosto inusuale.



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Alberto Nucci

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