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HIGHPROJECT |
Beyond the veil, people stand silent. Trusted and in their prime |
Jack Hill Records |
2022 |
SVE |
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Album d’esordio per questo quintetto svedese, attivo da una dozzina d’anni ma che solo sul finire del 2022 è riuscita a pubblicare in formato fisico “Beyond the veil, people stand silent. Trusted and in their prime”, dopo che tutti i brani erano comunque già stati editati sui vari social. Sei brani compongono il cd: cinque inediti e la cover “Rhayader goes to town” dei Camel, peraltro piuttosto simile alla versione originale. La traccia iniziale “1000 people” è decisamente promettente: la voce potente di Robert Johansson Lind ben si sposa con l’organo Hammond di Anders Altzarfeldt e con la ficcante chitarra di Bjarne Forsbom che conferiscono sonorità tipicamente “vintage” al pezzo. Dovendo cercare dei paragoni non crediamo di allontanarci troppo dalla realtà citando i “Deep Purple” o i… “Magic Pie” come fonte di ispirazione dei cinque “signori” svedesi. Piacevole anche la successiva “Trust in me” che, sfiorando i dieci minuti, è pure il brano più lungo dell’album. Ancora in evidenza la voce di Lind che ben si disimpegna anche nei toni più soffusi che, talvolta, il pezzo richiede. Ottima la sezione strumentale centrale ed il prepotente “solo” di tastiere molto new prog, mentre il finale è decisamente rock. Molto energica, tra riff decisi di chitarre ed Hammond “Prime time”, con venature hard- blues un po’ alla Uriah Heep e con spazio anche al “drums- solo” di Mikael Grönroos. La cover dei Camel è poi seguita da “Silent Treatment”, un’altra composizione attorno ai 7 minuti. Dopo quasi tre minuti in cui accade… nulla, inizia una ballad hard-blues piuttosto anonima, malgrado lo Hammond in evidenza e la voce di Lind, cerchino di “limitare i danni”. Le cose vanno un po’ meglio con il pezzo finale intitolato “Veil”: brano dinamico, piuttosto roccioso, con sonorità old-style a cui manca, forse, quel quid melodico per elevarsi ulteriormente. In definitiva “Beyond the veil, people stand silent. Trusted and in their prime”, tra alti (i primi 3 brani…) e bassi, è comunque un discreto lavoro, tenuto anche conto che si tratta dell’esordio discografico per la band. L’energia c’è e si percepisce, il sano divertimento alla base del progetto pure, le sonorità retrò non sono certamente un difetto… rimane, e non è peraltro poco, da incanalare meglio il song writing con una ricerca melodica più attenta e meticolosa.
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Valentino Butti
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