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SEZIONE FRENANTE / MAURO MARTELLO - Prigioniero di visioni Ma.Ra.Cash Records 2023 ITA

È un progetto davvero molto interessante questo “Prigioniero di visioni”, ideato dal flautista veneziano Mauro Martello e che vede coinvolti anche il gruppo Sezione Frenante e lo storico cantante degli Osanna Lino Vairetti. Ma andiamo con ordine… L’album di cui vi parliamo contiene nove composizioni scritte da Martello, che si è ispirato ad alcuni racconti del mistero di maestri quali Edgar Allan Poe e Guy de Maupassant. Si tratta di un lavoro molto omogeneo, che in circa quarantotto minuti fa emergere un progressive rock orientato su certe soluzioni sinfoniche classiche degli anni ’70, che rimandano ai fasti di band in cui il flauto rivestiva un ruolo di fondamentale importanza, come Jethro Tull, Focus, PFM, New Trolls e Osanna. Insieme ai Sezione Frenante, che solo in anni recenti hanno esordito da un punto di vista discografico, ma la cui attività risale proprio ai seventies, Martello è riuscito comunque a dare un’impronta abbastanza marcata a questi brani. Insomma, si ravvisano fonti di ispirazione abbastanza evidenti, ma l’opera in questione non si risolve in un copia-incolla banale e con poca qualità. Certo, c’è un omaggio evidente ai Jethro Tull nell’unica traccia strumentale del lotto, la barocca “Ian’s Crab Bourrée”, che è una bella rielaborazione di una bourrée del compositore tedesco Johan Ludwig Krebs, allievo di Bach e strutturata in maniera molto simile a quella famosissima di Anderson e soci. Anche quando interviene Vairetti, nei pezzi “Ligeia” e “Prigioniero di visioni (encore Ligeia?)”, la mente vola subito agli Osanna, sia per l’assonanza della voce, sia anche per l’orientamento stilistico. Eppure, nel complesso, il sound di “Prigioniero di visioni” presenta una freschezza non indifferente, merito dell’energia delle esecuzioni, di composizioni ispirate, di abilità tecniche che non ricadono mai nell’ostentazione, di quel calore mediterraneo che non guasta mai e che si lega con uno strano, ma riuscito, abbinamento alla capacità di trasmettere quelle sensazioni a tinte fosche derivanti dalle favole in nero che sono alla base del disco. L’aggressività della chitarra elettrica e della sezione ritmica è controbilanciata nel migliore dei modi dagli svolazzi dei fiati di Martello e da tastiere ora classicheggianti, ora di atmosfera. Questa verve hard-prog-rock non fa venir meno la ricerca della melodia, soprattutto nelle parti cantate, che in più di un’occasione fanno emergere gli studi lirici del vocalist Ludiano Degli Alimari. Aggiungiamoci anche i cambi di tempo ben costruiti che in un lavoro di questo tipo non possono mancare e gli incroci sempre affascinanti tra strumenti elettrici e acustici e il gioco è fatto: ecco scaturito un feeling piacevole fin dalle prime battute e che si consolida con i riascolti. Siamo di fronte ad uno di quei dischi in cui i “debiti” con la storia sono ripagati con onestà, personalità e abilità; così, anche se non si ravvisa un elemento forte di novità, questa proposta di classicissimo prog ha tutte le carte in regola per entrare nel cuore di molti appassionati del genere.



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Peppe Di Spirito

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