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H.C. BEHRENDTSEN H.C. Behrendtsen Schatulle Boemm 2022 GER

Nato dalle parti di Leipzig, questo trio chitarra-basso-batteria associa un’immagine piuttosto stravagante ad intenzioni musicali un pochino più seriose ed austere: gli H.C. Behrendtsen potremmo inquadrarli in un math rock strumentale abbastanza ordinario e rispettoso dei canoni stilistici di genere, con suoni ben codificati che rivelano una identità “indie/alt rock” forse ormai anche troppo collaudata nel tempo, il cui ascolto rischia facilmente di bruciare l’attenzione dell’ascoltatore che abbia un minimo di pregiudizio sul genere... L’estetica un po’ goliardica ed allegramente psichedelica di questo disco si scontra con una musica angolare, precisa e chirurgica, il più delle volte inevitabilmente narcotizzante però mai particolarmente esasperata.
Il cd, loro primo disco ufficiale, stampato anche in LP e Cassetta, è costituito da nove brani, tutti abbastanza concisi e misurati: gli H.C. Behrendtsen mantengono un profilo abbastanza basso, senza esasperare troppo gli arrangiamenti in termini di difficoltà o funambolismi tecnici, poco aggressivi in termini di sonorità, quasi moderati, per non dire sobri. L’approccio intellettuale mantiene una pretesa accademica di fredda ricerca sonora che tende a scontrasi con il tipico approccio DIY alternative, approccio che contribuisce perlomeno a tenere alla larga fronzoli ed orpelli in eccesso...
Inevitabilmente l’interesse dell’ascolto si concentra nei momenti in cui la musica si apre alle contaminazioni e va oltre il classico esercizio di chirurgia sonora e dissezione di arrangiamenti ultra complessi: se da una parte ad esempio si profilano interessanti sonorità ambient minimali, con qualche curiosa inserzione di musica etnica disseminata tra dissonanze ruvide e cacofoniche, il più delle volte gli H.C.B. tendono verso una eterea, catatonica ed introversa forma di fusion. In effetti le influenze jazz sono predominanti, sotto forma di lievi rumorismi free, improvvisazioni più astrali alla maniera di Bill Frisell o quelle del Pat Metheny più propenso all’introversione modale, ed in termini progressive non ci fanno mancare, come in ogni disco di math-rock che si rispetti, riff di chitarra che ci portano direttamente in territori “Starless And Bible Black/Red”, anche se nel nostro caso generalmente in maniera un po’ effimera.
Alla conclusione dell’ascolto di questo piccolo disco ci rendiamo conto che nei dettagli si trova sempre qualcosa di interessante da scoprire, magari un po’ di esuberanza creativa in più avrebbe aiutato; al momento per gli H.C. Behrendtsen siamo ancora su discreti livelli, musica un po’ acerba nell’insieme ma con qualche buona intuizione tra le righe.



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Giovanni Carta

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