Home
 
CAPSIDE Ladyesis autoprod. 2023 ITA

Non sempre per fare del prog di qualità è necessario puntare su composizioni particolarmente articolate e di lunga durata, magari condite da prodigiosi tecnicismi. Capita che le carte vincenti possano essere la semplicità, la melodia, il buon gusto, la delicatezza, la freschezza di idee. Giunti al loro terzo album, i sardi Capside puntano proprio su queste caratteristiche, riuscendo ad ottenere, in meno di trentasei minuti, risultati sicuramente validi e piacevoli da ascoltare. La loro discografia magari non è nutritissima, specie tenendo conto che gli esordi risalgono agli anni ’90, ma forte delle sue radici, la band oggi mostra una discreta personalità, condita da doti compositive che favoriscono la buona riuscita della loro proposta.
Subito “Di notte (Ladyesis pt. 1)” è una bella dimostrazione di quanto appena detto. Melodie vocali non convenzionali, poi ritmi spediti, cambi di tempo ben piazzati ed un orientamento tra il pop-prog e il jazz-rock decisamente piacevole. A seguire, dapprima incontriamo “Dea”, in cui si spinge più sull’acceleratore, poi “A mio figlio”, che è una leggiadra e malinconica ballata semiacustica. Le venature pop di “Filastrocca di periferia”, “Termiti” (condita anche di pennellate funky) e “Un altro lunedì” ben si amalgamano con atmosfere prog eredi di PFM, Genesis e Orme. Riprendendo il tema principale dell’incipit, la strumentale “Ladyesis pt. 2” è un pezzo in cui i musicisti possono mettere in mostra le loro abilità, mentre la conclusiva “Azazel” è più particolare, con un hard prog passionale e dalle tinte un po’ oscure.
Colpisce sicuramente la voce espressiva di Valentina Casu, protagonista di una prova senza sbavature e che dà sicuramente un tocco molto caratteristico alla proposta della band. Da un punto di vista strumentale è la chitarra di Martino Faedda che va spesso in primo piano, a volte con una certa aggressività rock, a volte con arpeggi raffinati. Le tastiere di Giò Casada svolgono comunque un ruolo molto importante, creando sfondi suggestivi e dando tocchi di eleganza, che spingono i Capside di tanto in tanto su versanti sinfonici. A sorreggere tutto questo la solidità di una sezione ritmica formata da Manolo Ciuti (basso) e Roberto Casada (batteria), capace di dare una compattezza di base non indifferente per gli sviluppi del sound.
Non stiamo parlando di un disco sconvolgente, ma il lavoro dei Capside è meritevole e possiamo dire che fa di sicuro la sua bella figura in un panorama sempre ricco di nuove uscite come quello del rock progressivo italiano.



Bookmark and Share

 

Peppe Di Spirito

Collegamenti ad altre recensioni

CAPSIDE Tous les hèros 2018 

Italian
English