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KUENDELEA Tanabata autoprod. 2023 ITA

Tanabata è una parola giapponese che significa “settima notte” ed è anche una delle festività più amate e importanti del Sol Levante. Le celebrazioni avvengono la settima notte del settimo mese del calendario lunare, per cui la data precisa varia di anno in anno, ma corrisponde sempre ad un giorno di luglio o di agosto. E “Tanabata” è il titolo scelto per l’album pubblicato nel 2023 dai misteriosi Kuendelea. Misteriosi sì, perché in un’epoca dominata dai social, da internet, dalla voglia da parte di qualsiasi artista, buono o cattivo che sia, di condividere la propria proposta, loro scelgono una strada differente. Scelgono di agire in sordina. Di non farsi molta pubblicità. Di rimanere quasi nascosti. Provate a fare qualche ricerca. Troverete un Bandcamp spartano, una pagina Youtube con una decina di video e pochissimo altro. Insomma, scelgono di far parlare solo la loro musica. Ai fortunati che in qualche modo riescono ad arrivarci… E noi speriamo di incuriosirvi parlandovi di questo album. Perché è bellissimo! E sarebbe auspicabile che si aggiunga alle collezioni di chi ama la buona musica, indipendentemente dal genere. In “Tanabata” siamo di fronte ad un lavoro di contaminazione totale. I Kuendelea trovano un loro percorso personale verso una world music che mescola jazz, rock e prog in sette tracce e quarantaquattro minuti di musica incandescente e travolgente. Il primo brano “The land of the snow capped mountains” è un breve canto tribale che funge da ottima introduzione. Con “Bird ballet” si comincia ad approfondire il discorso sonoro della band, attraverso un processo di contaminazione frizzante, tra soluzioni world, brillanti intrecci timbrici e ritmi agilissimi. Entriamo anche subito in contatto con un canto femminile che conquista immediatamente esprimendosi per tutto il lavoro, tranne in un’unica eccezione, senza parole. È poi il turno di “Corsica”, con oltre nove minuti la composizione più lunga del cd. Si parte con un suggestivo prologo di pianoforte un po’ classicheggiante, un po’ new age, accompagnato da effetti che ricordano il mare; dopo i tre minuti la batteria dà un’accelerata spingendo verso un elegantissimo jazz-rock, in cui il violoncello e lo scat della cantante accompagnano egregiamente il piano, prima di due liberatori solos di chitarra elettrica e di sintetizzatori; nel finale, passi e il suono del mare. È una sensazione di malinconia a prevalere in “@cuore (a Meri)”, perla rara di delicatezza, aperta da docili note di piano e violoncello e che pian piano cresce di intensità, anche per merito del contributo del canto in vocalese e degli inserimenti di chitarra. Si passa a “Tasti neri” e sorprende l’approccio un po’ inquieto, ma dopo mezzo minuto la band si lancia verso un jazz-rock con una forte componente progressive, che flirta con sperimentazione e world music quando ci sono gli interventi vocali, sempre suggestivi, e stranezze elettroniche. La title-track è l’unico pezzo con un testo, una bella dedica “A quelli che… aspettano Tanabata” ed è un’affascinante ballad che abbina malinconia e positività. Le parole sono recitate in francese, (ma c’è anche la traduzione in italiano all’interno della custodia del cd), la voce è filtrata ed è accompagnata da piano, violoncello e… macchina da scrivere. Effetto stuzzicante e momento topico dell’album. Senza quasi accorgersene si arriva alla conclusione affidata a “Monteriggioni”, con le note dei tasti d’avorio nuovamente a fare da introduzione ad un gioiello di rock sinfonico che alterna maestosità ed eleganza e che si aggira non troppo distante da certe pagine di Renaissance e Camel, seppur con qualche divagazione jazz. Lo ribadiamo, “Tanabata” è un album bellissimo, un po’ sui generis, vista la capacità dei musicisti di mescolare stili e influenze e di trovare un sound personale e incantevole. Ah, i musicisti… Loro sono Franco Santarnecchi (pianoforte, sintetizzatori, harmonium indiano, percussioni, campane, triangolo, drum Bodhran), Ellie Young (violoncello), Sabina Manetti (voce), Franco Ceccanti (chitarra elettrica, chitarra acustica 12 corde), Leonardo Betti (basso elettrico) e Andrea Zilio (batteria, pianoforte, piano elettrico, sintetizzatore, percussioni, voce, computer, macchina da scrivere), quest’ultimo autore anche di tutte le composizioni. Sono i Kuendelea. E sono uno di quei “best kept secrets” che vale la pena di andare a scoprire.



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Peppe Di Spirito

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