Home
 
SINGLE CELLED ORGANISM Event horizon Timezone Records 2023 GER

“Single Celled Organism” è la sigla dietro cui si cela il progetto strettamente progressive rock del polistrumentista e produttore tedesco Jens Lück che qui, oltre a cantare, suona le tastiere, il basso e la batteria (oltre alle chitarre aggiuntive). Qualcuno potrà riconoscere Jens anche nella veste di “copilota” del progetto “Syrinx Call” assieme al flautista (il suo strumento principe è il “recorder” o flauto dolce) Volker Kuinke, coinvolto in alcuni brani anche nel disco di cui stiamo per parlare, o come tastierista ospite nell’album “The vision, the sword and the pyre” degli Eloy più recenti, in quanto collaboratore in studio di Frank Bornemann.
Si tratta del terzo album della band, e ritroviamo con piacere molti dei musicisti già impiegati nel precedente “Percipio ergo sum” del 2017, con una certa prominenza delle chitarre soliste degli ottimi Ingo Salzmann e Johnny Beck, della chitarra acustica di Jürgen Osuchowski e della voce angelica di Isgaard Marke, compagna di vita di Jens e affermata artista solista lei stessa. Dal punto di vista delle liriche, si tratta della terza parte di una trilogia distopica che vede protagonisti Tella “the TV girl” e il professor Abbott Barnaby: è possibile leggere la storia dettagliata all’interno del booklet del CD.     
Apre le danze “Memories in a box”: brano che parte in sordina, molto melodico, non così distante dai Pendragon del periodo “The world” o “The window of life”; synth in perfetto stile new-prog (e quindi non scevro di rimandi genesisiani), una batteria che scopriamo molto fantasiosa nei fill, la piacevole e soffusa voce maschile di Jens e l’ammaliante voce femminile di Isgaard: un inizio promettente certo non smentito da “Changes are coming”, una ballata ultra-floydiana, con tanto di solo che farebbe felice il maestro Gilmour e tipici cori femminili (a cura di Adriana Glavas). Si cambia un po’ il copione con “Thoughts”, che si rivela più robusta e chitarristica, per la quale chiamerei in causa i Porcupine Tree degli album post-“In absentia”, anche se fortunatamente priva degli eccessi pseudo-metal di questi ultimi. Con “The encounter” abbiamo un episodio strutturato a dialogo, un po’ come nelle “opere rock” di Oliver Wakeman e Clive Nolan, forse anche per una certa somiglianza della voce di Isgaard con quella della compianta Tracy Hitchings; sempre la voce sensuale ma sofferta di Isgaard protagonista della ballata su base elettronica “Shifted”, che evolve per addizione fino ad un coinvolgente finale full-band. “Inhale what’s forbidden” è un brano dinamico con sezione ritmica scattante e chitarra slide in odore di Steve Howe: il suadente cantato femminile e le soluzioni atmosferiche delle tastiere richiamano alla mente gli Anathema di “Weather systems” o “Distant satellites” (evocati anche in “Keep my faith in humans”), ma anche il fantasma di Steven Wilson & co. torna di prepotenza a scuotere le proprie catene. “Distorted night” è uno strumentale breve ma intenso con interplay piuttosto serrato tra chitarra e synth, supportati da una batteria indaffarata: un intermezzo in stile Arena, ma che forse piacerebbe anche a Jordan Rudess. Chiude il disco “Event horizon”: introdotta da un piano elettrico ed un’interpretazione vocale misurata di Lück, che in seguito preferisce lasciar parlare le sue tastiere e sguinzagliare le due chitarre soliste di Salzmann e Beck, qui libere di spaziare a loro piacimento in un brano dai connotati molto sinfonici.
Ritengo di poter consigliare senza remore l’album agli amanti del new-prog classico di matrice anglosassone, nonché a chi predilige proposte un filo più moderne e levigate come quelle care a molti gruppi dell’Europa continentale (Airbag, RPWL, ma anche Collage) memori tanto della lezione dei Marillion quanto dell’eredità musicale di Roger Waters e soci.



Bookmark and Share

 

Mauro Ranchicchio

Collegamenti ad altre recensioni

SINGLE CELLED ORGANISM Percipio ergo sum 2021 

Italian
English