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THE AARON CLIFT EXPERIMENT The age of misinformation Aaron Clift Productions 2023 USA

Come il moniker stesso lascia intuire, il gruppo texano nasce come esperimento del leader Aaron Clift, cantante e tastierista di formazione classica, al quale si sono affiancati altri elementi con l’intento di dare vita a composizioni eclettiche di stampo Prog di alta qualità sia a livello tecnico-esecutivo che di scrittura. La line-up, che nel tempo ha subito un turnover quasi completo, comprende attualmente Anthony Basini alla chitarra, Clif Warren al basso e Pablo Ranlett-López alla batteria ed è integrata all’occorrenza da alcuni ospiti come un quartetto d’archi ed una Brass Band.
Questo è il quarto album in studio da “Lonely Hills”, l’esordio del 2012, e conferma il desiderio del gruppo di esplorare diversi sentieri musicali. Il titolo si riferisce al periodo del lockdown del 2020-21 in epoca Covid e, come dichiarato dal leader, è un concept sul potere delle bugie e sulla ricerca della verità in condizioni di grande confusione. In realtà i testi sono piuttosto astratti ed è difficile individuare una vera e propria storia; a prevalere sono i sentimenti e questo può decisamente andare a vantaggio della musica che non viene soffocata da troppe parole. La ricerca di uno stile ibrido non porta a nessuna rivoluzione musicale né ad alcun estremismo, neanche in brani più complessi come può esserlo “Bet on Zero”, con le sue influenze jazzy, dove interviene in modo frizzante la Big Wy’s Brass Band, e neanche quando il sound tende ad indurirsi, come nella title track, con i suoi generosi riff di chitarra, o come nell’oscura “Dark secrets”.
In realtà l’impianto dell’intero album è profondamente melodico con bei momenti sinfonici talvolta intrisi di un dolce romanticismo, come emerge nella struggente ballad “The Color of Flight”, con i deliziosi abbellimenti Mellotronici, gli archi ed i ricami acustici o come anche è evidente nella conclusiva “Weight of the World”, dai cori cantabili di stampo AOR. Globalmente mi viene da pensare a certo Prog patinato di stampo prettamente americano, come può esserlo quello di Neal Morse, ripresentato però in chiave meno tastieristica e meno sgargiante. Il ruolo delle tastiere è in effetti molto timido ed anche quando queste diventano più evidenti, come in “Rise”, con l’organo che tenta di farsi strada, non si conquistano una posizione da protagoniste. Nei momenti più distesi il gruppo riesce a dare il meglio di sé e “Malaga” ne è un esempio. Il brano mi ricorda qualcosa dei Queen di “A Kind of Magic”, forse per il cantato, o forse per il ritmo o per quel suo stile un po’ disimpegnato mentre gli archi aggiungono un tocco di eleganza.
Complessivamente l’album è ben realizzato, scorrevole e suonato con grande professionalità e in questo si può dire che Aaron abbia centrato appieno i suoi obiettivi, ma non mi sento assolutamente di dire che rappresenti l’emblema della creatività. Che tutto ciò abbia in qualche modo superato gli standard del Prog lo metto fortemente in discussione, ma in fondo non è questo che reputo di primaria importanza. Nonostante che l’opera pecchi talvolta di banalità direi che “The Age of Misinformation” si lascia ascoltare da cima a fondo in modo gradevole e rilassato e ciò potrebbe essere più che sufficiente. Per gli obiettivi più lungimiranti c’è ancora da lavorare un po’.



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Jessica Attene

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