Home
 
OZRIC TENTACLES Lotus unfolding KScope 2023 UK

Alzi la mano chi ha nostalgia degli Ozric Tentacles dei primi anni ’90! Parlo di quelli che passarono dall’essere una band di culto della scena hippy-rock-elettronica inglese ad essere una band ugualmente di culto ma ben più conosciuta grazie a dischi come “Pungent effulgent”, “Erpland”, “Strangeitude” e “Jurassic shift”. Sono sicuro che se facessi questa domanda davanti ad un pubblico competente, una selva di mani si alzerebbe in risposta. Gli Ozric non si sono mai fermati dalle produzioni pubblicate in musicassetta negli anni ’80, riuscendo a conquistarsi un seguito fedele che li ha accompagnati sino ad ora attraversando bei momenti, culminati nel far capolino nelle classifiche di vendita del Regno Unito, seguiti dalla perseveranza degli anni ’90 e dal diradarsi delle produzioni a partire dal nuovo millennio.
Nonostante gli Ozric siano un gruppo dallo stile riconoscibilissimo, è innegabile che nel tempo il loro approccio sia cambiato. Non di molto, certo, ma abbastanza per fare alcune considerazioni che all’ascolto di “Lotus unfolding” appaiono evidenti. Prima di tutto, l’attitudine naif e sballata che permeava l’immaginario della band britannica si è persa nel corso degli anni, anche per quanto riguarda l’artwork degli album (non c’è più traccia di Erp, personaggio ricorrente e mascotte). Musicalmente, abbiamo assistito ad una omogeneizzazione dei brani, che hanno acquisito compattezza e allo stesso tempo hanno perso varietà e personalità. In un disco degli Ozric dei tempi d’oro si potevano trovare spettacolari tracce di rock progressivo elettronico come “Eternal wheel”, altre spiccatamente ambient, altre a tema etnico elettronico e addirittura lunghe cavalcate dub dal potente potere ipnotico. Il tutto però era perfettamente riconoscibile, i brani avevano una forte identità ed erano costruiti attorno a un’idea precisa. “Lotus unfolding”, come i lavori più recenti, soffre della mancanza di un’identità chiara che non sia quella che gli Ozric (o, per meglio dire, Ed Wynne) hanno istituzionalizzato. Il disco è fatto quindi di lunghi brani costruiti sulla consueta “frizzante” sezione ritmica, su orge di sintetizzatori che distendono tappeti sonori e rigurgitano effetti e veloci sequenze cariche dell’onnipresente delay e sulla chitarra di Ed Wynne, che riesce allo stesso tempo ad essere sempre acida, virtuosa e pulita. L’amalgama è perfetto, studiato quasi per non lasciare respiro e indubbiamente per restituire all’ascoltatore l’”atmosfera Ozric” che cerca. Il risultato è perfetto, nel senso che i fan di Wynne e soci (organizzati ormai un affare di famiglia, data la presenza in formazione della moglie di Ed, Brandi, e del figlio Silas) troveranno il mix delizioso. Effettivamente, l’intro di “Storm in a teacup” è così ben calibrato da essere esaltante, con quella sequenza lanciata in una corsa sfrenata che fa presagire meraviglie. La traccia si rivela poi essere una classica Ozric-song realizzata alla perfezione, trascinante, indiscutibilmente rock e senza respiro che non ha però una linea melodica riconoscibile o una variazione a cui aggrapparsi, eccetto il rallentamento finale. Sensazioni simili per “Deep blue shade”, che ha il vantaggio di essere più corta e leggermente meno sovrabbondante negli arrangiamenti. ”Lotus unfolding” concede un po’ di respiro grazie alle sue atmosfere più rilassate e sognanti, mentre “Crumplepenny” e “Green incantation” si sforzano, riuscendoci, di dare varietà all’album con innumerevoli cambi di tempo e con Ed Wynne che si alterna tra chitarra acustica ed elettrica. La conclusiva “Burundi spaceport” chiude bene l’ascolto sovrapponendo una sezione ritmica frenetica in cui basso, percussioni e batteria fanno da tappeto ai suoni eterei di sintetizzatori, flauti e chitarra.
“Lotus unfolding” è un album che mi lascia in bilico tra la voglia di riascolto e una blanda paura di restare deluso dall’impossibilità di afferrare qualcosa che mi rimanga in testa. Se dovessi consigliarlo, lo farei senza indugio, perlomeno ai fan degli Ozric Tentacles. In fondo si tratta di un disco prodotto e suonato alla perfezione, forse privo di un po’ di calore e leggermente inconcludente ma che è capace di lasciare all’ascolto quella sensazione agrodolce di sballo e confusione che, in fondo, tutti noi estimatori di Wynne e soci vogliamo.
Suggerisco il vinile, dal suono morbido e pulito, con un artwork meraviglioso che per questa volta non fa rimpiangere Erp, e una bellissima cover traforata.



Bookmark and Share

 

Nicola Sulas

Italian
English