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ASTURIAS Dimensions autoprod. 2023 JAP

Pur avendo attraversato diverse incarnazioni, gli Asturias, ora Electric Asturias, rimangono il progetto principale del leader Yoh Ohyama, bassista, compositore ed arrangiatore delle graziose visioni elettroacustiche che possiamo assaporare in questo nuovo album, il quattordicesimo in studio da “Circle in the Forest” (1988), considerando tutte le varianti della band, inclusa quella acustica degli Acoustic Asturias.
Quale sia il loro assetto, l’impianto principale delle composizioni rimane decisamente riconoscibile. In questa variante elettrica hanno ovviamente un ruolo di primo piano le chitarre di Satoshi Hirata che, assieme al batterista Kiyotaka Tanabe, vanta una militanza negli eclettici connazionali Flat 122. Ma non dovete però immaginare chissà quale muraglia di suoni, la chitarra condivide il ruolo di strumento solista con l’aggraziato violino elettrico di Tei Sena che contribuisce ad imprimere una sua visione romantica a composizioni articolate e visionarie ma anche taglienti e dirette quando occorre. Completa la formazione il tastierista Yoshihiro Kawagoe che elabora corridoi sonori d’effetto che vengono agevolmente attraversati dagli altri strumenti e che sono responsabili all’occorrenza di interessanti viraggi soft-fusion. Ospite in una sola traccia, quella conclusiva, è la cantante Ueno Yoko che regala un’esperienza di ascolto abbastanza singolare nell’ambito un album essenzialmente strumentale come nelle abitudini del gruppo.
Il disco, composto di 6 tracce in totale, è dominato dalla suite in 4 movimenti della durata complessiva di circa 20 minuti intitolata “Fourth Dimension”. Il lungo brano attraversa i diversi mutamenti che sono caratteristici della poetica degli Asturias, tutti decisamente pittorici. Il primo movimento è pervaso di visioni folk e fusion, con riferimenti eleganti a Mike Oldfield e ai Camel, e di vistosi barocchismi. Riff elettrici e spettacolari momenti solistici irrobustiscono brani dal sapore cinematografico impregnandoli di una sorta di ingenua e sincera epicità in cui l’eroe è il musicista solista. Solenne è il momento organistico che apre il terzo movimento che dimostra come nelle situazioni più aperte ed orchestrali possano essere raggiunti degli intensi picchi sentimentali.
Questa commistione di vigore e dolcezza è chiara fin dalla prima traccia, “La porte de l’Enfer”, in cui il gruppo spinge molto su soluzioni elettriche caustiche e dense di energia che all’occorrenza però arretrano nell’ombra a favore di aperture melodiche caratterizzate da un tenero lirismo. Elementi ripetitivi e talvolta schematici ed un sound rigoglioso e sfacciato rimangono prerogativa di questa band longeva e creativa che riscopriamo più matura a livello compositivo, disponibile alle variazioni e flessibile nel controbilanciare prove di forza con soluzioni più morbide. Per chi li conosce non ci saranno grosse sorprese ma la garanzia di quello che ormai è un marchio di fabbrica.



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Jessica Attene

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