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5TH SEASON 5th Season Eclipse Music 2023 FIN

Questo album si apre con un brano di dieci minuti strumentale, intitolato “In memoriam” e che non esito a definire meraviglioso. E ci troviamo subito di fronte ad un progressive rock travolgente, carico di enfasi, che tra cambi di tempo e di atmosfera viaggia con la chitarra spesso a guidare, un sound epico ed una fase centrale più quieta e carica di mistero, tastiere a creare sottofondi incantevoli, ma pronte anche a prendersi la scena in un paio di occasioni. Un inizio davvero impressionante, che denota anche una certa personalità, visto che siamo di fronte ad una composizione forte, nella quale non si vede un tentativo di imitare qualche nome storico. Se il disco fosse stato tutto su questi livelli e su questo stile, avremmo gridato al capolavoro. I successivi pezzi proposti dai 5th Season non toccano i vertici dell’opener, ma ci mostrano comunque una band professionale e capace di orientarsi su un prog melodico di notevole qualità. La seconda traccia “Daylight’s end” già ci porta su territori molto orecchiabili, con un pop-prog che si pone a metà strada tra i Wigwam della seconda metà degli anni ’70, l’Alan Parsons Project e gli Asia, mentre “I am the waves” è una power ballad intrigante nella quale si può ravvisare un’influenza floydiana che si incontrerà in più occasioni durante l’ascolto. Ed è curioso che a seguire ci siano due parti di una composizione con un titolo che fa venire in mente un’opera “abbastanza” nota, “On the dark side of the Moon”: la prima è aperta da un’introduzione pianistica classicheggiante, ma in breve si fa più diretta, con un ritornello gradevole ed efficace (con l’ospite speciale Durga McBroom alla voce) ed un guitar-solo con tanto di talk-box; la seconda, pur riprendendo alcuni temi già ascoltati, è prevalentemente strumentale e i musicisti possono godersi questo momento mettendo in mostra la loro bravura e mantenendo sempre una certa accessibilità. Se “Lay down” si muove su toni pacati, ricordando un po’ i Dire Straits nei momenti cantati e offrendo piacevoli e prolungati duetti tra chitarra e tastiere, “Don’t wanna sing your blues”, che la segue con naturalezza e senza soluzione di continuità, strizza l’occhio agli States, tra southern rock e West Coast, con il contributo dell’altro ospite d’eccezione, Jukka Gustavson, all’organo Hammond. La conclusiva “Desperate measures” rappresenta un ottimo finale, per merito di un prog romantico e malinconico i cui punti di riferimento possono essere visti nei Procol Harum e nei Camel. Abbiamo descritto i contenuti di questo disco di esordio che mostra varie sfaccettature, ma chi sono i 5th Season? I 5th Season sono un gruppo finlandese di Tampere, costituito dal chitarrista e cantante Tapio Ylinen, dal bassista Mikko Löytti, dal tastierista Arto Piispanen e dal batterista Jani Auvinen. Come si evince dalle note di accompagnamento al cd presenti sul booklet, si tratta di musicisti a cui il prog piace e non poco. Non è un caso che Ylinen faccia parte di una tribute band dei Pink Floyd. Eppure, come abbiamo detto, in questo debutto la band ha prestato tanta attenzione all’aspetto melodico. La gestazione dell’album non è stata semplice, perché iniziata praticamente con lo scoppio della pandemia, ma i tempi prolungati hanno portato anche l’opportunità delle collaborazioni eccellenti con Gustavson e la McBroom. Alla fine, a parte quel gioiello iniziale, siamo di fronte a canzoni ad ampio respiro, sicuramente orecchiabili, ma che si aprono anche a momenti strumentali prolungati e raffinati, tanto è vero che quasi tutte superano i sei minuti di durata. Forse non tutti i prog lovers apprezzeranno il lato più pop dei 5th Season, ma le impressioni sono in generale favorevoli. Perché il lavoro è molto professionale; perché le esecuzioni sono di spessore, con prove notevoli dei musicisti; perché anche nei momenti più immediati si avverte una classe non indifferente, perché registrazione e produzione sono altri punti di forza. Eppure, resta il pensiero di cosa sarebbe potuta essere questa prima uscita dei 5th Season se l’intero album avesse seguito le coordinate stilistiche dell’incipit “In memoriam”…



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Peppe Di Spirito

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