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SUBSIGNAL A poetry of rain Gentle Art of Music 2023 GER

Giunge al rispettabile traguardo del sesto album in studio la band tedesca fondata nel 2007 da due membri degli “storici” Sieges Even, ossia Arno Menses (voce) e Markus Steffen (chitarra), completata ancora da Dirk Brand alla batteria e Markus Maichel alle tastiere, con il nuovo innesto di Martijn Horsten a sostituire il bassista di lunga data Ralf Schwager. La loro combinazione di melodie coinvolgenti, testi riflessivi e arrangiamenti complessi ha riscosso un notevole apprezzamento da parte degli appassionati del genere, soprattutto nell’Europa continentale; si tratta di un rock melodico con rare escursioni in territori più duri e in qualcosa di più assimilabile al mainstream, che si distingue per la tecnica superiore degli interpreti, non ultimo il dotato vocalist. A cinque anni dal precedente lavoro “La muerta”, la loro musica continua a spaziare tra momenti di pura energia, con rimandi che vanno dai Rush anni ’80 ai Fates Warning e parentesi più introspettive in stile Porcupine Tree o Anathema, esplorando una vasta gamma di emozioni e temi, sottolineati da testi che esplorano questioni esistenziali e filosofiche, aggiungendo profondità e significato alle loro composizioni. In particolare, “A poetry of rain” affronta i cambiamenti nelle nostre vite quotidiane come conseguenza della pandemia durante la quale è stato concepito: “la scena è dominata da una grigia, atmosferica e densa giornata di fine autunno; troppo presto il cielo si è oscurato; ora la pioggia cade uniformemente e regolarmente sulle strade, sulla terra, sulle persone dall'aspetto sconfortato”: tale stato d'animo così particolare, rasserenante e malinconico in egual misura, secondo il master mind del quintetto Markus Steffen, rappresenta l'atmosfera in cui è stato creato il disco, perseguendo la "coltivazione della tristezza" in analogia ai poeti del Rinascimento.
La sezione ritmica crea una base brillante su cui i suoni di chitarra (Steffen risulta il vero protagonista), a volte rocciosi, altre volte eleganti, evocano mondi sonori insoliti su cui l’interpretazione passionale e coinvolgente di Arno Menses aggiunge una buona dose di pathos; menzione particolare per la produzione cristallina di Yogi Lang (RPWL) che esalta la chiarezza degli impasti sonori. Abbiamo così brani spigolosi come “Sliver (the sheltered garden)”, proposto come singolo o la multiforme “Embers part II: water wings”, che si dipana alternando momenti di atmosfera a deflagrazioni sempre però accompagnate da una prestazione vocale mai sopra le righe, fino agli elementi più spiccatamente prog-metal di “Melencolia One” intercalati ad episodi più in formato ballad come l’intensa “Impasse” o la chiusura di “A Room on the Edge of Forever”, presentata come bonus track. Un brano come “The last of its kind”, perfetto epilogo del concept, dimostra come le due anime non solo siano compatibili ma possano fondersi alla perfezione. Un po’ in sordina invece le tastiere, generalmente con un ruolo di sottolineatura, segnaliamo però come curiosità che malgrado la modernità della proposta, Maichel ricorre sporadicamente a timbriche di Mellotron, rinforzando in qualche modo il legame con il genere da noi amato.
Tornando alla descrizione fornita dalla band, i Subsignal intendono presentare "strutture di canzoni interessanti che siano sempre trasparenti allo stesso tempo" e mi sento di dire che con questo lavoro abbiano raggiunto l’obiettivo, scrollandosi ormai completamente di dosso l’ombra dei Sieges Even.



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Mauro Ranchicchio

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