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ANALOGIC |
Eva |
Luminol Records |
2023 |
ITA |
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Direttamente dal fascino decadente di una Milano, sempre in bilico tra degrado urbano e metropoli futuristica, troviamo questo primo disco del trio Analogic, "Eva", disco praticamente realizzato in famiglia in quanto il bassista/tastierista/cantante Davide Crateri è il padre del chitarrista e cantante Diego Crateri; insieme a loro si unisce il batterista Antonino Banno. Situazione interessante questa degli Analogic, dunque, anche per via del nome scelto che ci fa capire le intenzioni di una programmatica attitudine alla musica, naturalistica e spontanea, e conseguente immersione nel suono analogico, quindi, produzione e strumentazione analogica, supporto rigorosamente in vinile limitato su Luminol Records, ed ovviamente stile analogico... anzi, semi-analogico; buona parte del repertorio di "Eva" si orienta in effetti non tanto sugli antichi classici anni settanta ma soprattutto verso un rock alternativo italiano ad ampio respiro che si può inquadrare intorno ai lontani (?) anni novanta. Per ampio respiro voglio intendere "ampie influenze", sguardi musicali che variano dai ben noti Afterhours ai (primi) Bluvertigo, quando Morgan non si era ancora completamente perso in stupidaggini varie, e di conseguenza anche il Battiato della fase di "Gommalacca", con abbondanti deviazioni cantautoriali più oscure e progressive, non troppo lontane da certe cose che poteva proporre più indietro nel tempo la Cramps incline al cantautorato rock di metà anni settanta: non a caso troviamo una cover per lato, una diligente "Luglio, Agosto, Settembre (Nero)" degli Area ed un'ancora più interessante recupero del cult "Masturbati" di Andrea Tich il cui esordio su Cramps uscì nel caldissimo 1978, con un ritrovato Tich presente qui per l'occasione nelle backing vocals. Gli Analogic suonano in maniera serrata e precisa, con uno spiccato e crepuscolare senso melodico sottolineato da una chitarra elettrica che può essere prevedibilmente aggressiva ma anche e soprattutto versatile nel tessere raffinati fraseggi ed arpeggi carichi di tensione ed inquiete atmosfere non banali che si intrecciano in un intelligente utilizzo di sintetizzatori e tastiere che conferiscono al disco un tocco di futuribile e fredda spazialità quasi new wave. Il tono disincantato e nevrotico dei brani più serrati e rockeggianti ben si alterna ai momenti poetici intensi e crepuscolari, più introversi, volutamente intrisi di un acculturato ed eccentrico decadentismo che mi evocano il ricordo di certe cose dell'eternamente sottovalutato/dimenticato Faust'o (Rossi). Ad esempio penso alle conclusive due ballate, una "Mirage" più funerea e gotica, impreziosita dal bel pianoforte di Edoardo Maggioni, e la conclusiva "Indefinita" per sola voce e tastiera/synth, con un testo erudito che si potrebbe bene interpretare nell'effimera virtualità dei rapporti umani di oggi. In tal senso "Eva", partendo dalle esperienze di realtà passate e ormai lontane, ci parla dell'oggi e di un imminente domani inquietante e mai come prima d'ora così ricco di incognite, forse con un po’ di smarrimento ma anche con gesto di umanistica sfida. Quindi accogliamo "Eva" con voto positivo nel suo genere di eclettico rock d'autore, con l'aggiunta di quel po’ di nostalgia per un periodo musicale all'epoca così ricco di promesse...
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Giovanni Carta
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