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WILSON PROJECT |
Il viaggio da farsi |
Ma.Ra.Cash Records |
2022 |
ITA |
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L’album che ci apprestiamo a commentare dei Wilson Project, “Il viaggio da farsi”, è stato pubblicato qualche anno fa, nel 2022, ma ci è parso comunque doveroso parlarne sulle pagine di Arlequins anche se un po’ in ritardo (a nostra parziale giustificazione c’è solo il fatto di come sia difficoltoso star dietro alle numerosissime pubblicazioni prog, siano esse straniere o italiane…). Malgrado la giovane età (poco più che ventenni… adolescenti per i parametri delle band prog di oggi) i quattro (più uno) componenti della band vantano già un background di tutto rispetto avendo suonato dal vivo con Giorgio “Fico” Piazza (ex PFM), aperto i concerti di New Trolls e Le Orme, oltre ad aver suonato al Forum 19 nell’ambito del Veruno Prog Festival del 2023. La formazione è composta da Annalisa Ghiazza (voce), Andrea Protopapa (tastiere e cori), Stefano Rapetti (basso), Mattia Pastorino (batteria e cori) a cui si è aggiunto, solo per la registrazione dell’album, Giovanni Giordano (chitarra). “Il viaggio da farsi” (ispirato al lancio in orbita del Falcon Heavy di Elon Musk) narra la vicenda di una donna che lascia la Terra diretta su Marte per iniziare una nuova vita con tutte le difficoltà (solitudine, dubbi, relazioni interrotte, follia…) che inevitabilmente incontrerà. L’album si sviluppa su dieci tracce (senza soluzione di continuità) per circa quarantacinque minuti di durata complessiva. Le fonti di ispirazione della band sono presto individuate: Premiata Forneria Marconi e Banco del Mutuo Soccorso (soprattutto) con sonorità intelligentemente attualizzate. Subito in evidenza, dopo una breve introduzione, la bella voce di Annalisa Ghiazza e le ritmiche brillanti in cui si inseriscono le tastiere e la chitarra elettrica. Belli anche i cori che ricordano i New Trolls. L’anima rock della band emerge pure in “Come mi vuoi”, con una chitarra graffiante ben assecondata dalle tastiere di Andrea Protopapa. L’ascolto si mantiene sempre piacevole con “Complice innocente” (notevole il “solo” di Giordano) e con la “sperimentale” “E’ stato un errore” con la voce “filtrata” di Annalisa e sprazzi anche jazz-rock. Frizzante anche “Ingannando i miei sensi” con sempre quella atmosfera “space” fornita dalle tastiere. Più delicata ed introspettiva è “Quando cerchi di respirare” che si increspa ed impenna sul finale, con un grande supporto ritmico. Bella anche “Se solo avessi un’anima”, anch’essa con un notevole taglio rock. Interessanti, anche per l’alternarsi delle voci maschile e femminile e le ritmiche complesse, “Un gioco” e la title track finale che alterna momenti pastorali ad altri decisamente dal grande punch. L’album, si sarà compreso, ci ha favorevolmente colpito. Ascoltare un gruppo di giovani ancora innamorati di un certo tipo di sound non può che farci piacere e, sotto questo aspetto, la band ha già “vinto” la sua scommessa. Smussando qua e là qualche ingenuità, peraltro inevitabile, siamo certi che il salto di qualità sarà imminente perché la stoffa (pregiata) c’è.
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Valentino Butti
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