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| IL SISTEMA |
Uruk |
Inner Garden Records |
2024 |
ITA |
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Nuova uscita per la collana “Il Sistema Edition”, con la quale vengono proposte registrazioni inedite della storica band italiana. Se nei dischi pubblicati in precedenza avevamo potuto scoprire un gruppo che aveva in qualche modo anticipato la fervida stagione del rock progressivo italiano degli anni ’70, con “Uruk” ci imbattiamo soprattutto nel lato più sperimentale della band. Ben quarantaquattro dei sessantadue minuti che compongono questo lavoro sono suddivisi in due lunghe improvvisazioni che ci fanno scoprire l’anima più avventurosa del Sistema, emersa solo parzialmente prima d’ora. A completare il lotto, ci sono poi quattro cover famose che fanno capire come fosse ampio lo spettro degli ascolti e delle influenze di Perrino e soci, con scelte non banali che comprendono “Why not?” dei Gentle Giant, “I love you more than you’ll never know” dei Blood, Sweat & Tears, “Serenade to a cuckoo” di Roland Kirk e “Gypsy” degli Uriah Heep. Queste chicche sono un piacevole contorno, ma soffermiamoci sugli inediti, che sono sicuramente quelli che offrono gli spunti più interessanti. La title-track apre il cd, dura diciassette minuti e inizia con curiosi vocalizzi e suoni che possono rimandare a certi compositori di classica d’avanguardia come Penderecki, Varèse e Ligeti. Pian piano le tastiere e la sezione ritmica spostano il discorso su territori più rock, ma senza perdere minimamente i tratti sperimentali, che sembrano anche anticipare certe soluzioni adottate poi dai corrieri cosmici negli anni a seguire. Tra dissonanze e voglia di esplorare, l’atmosfera creata è carica di tensione e in alcuni momenti possono venire in mente anche i Magma più caotici di “Stoah”. Un inizio quindi subito ostico, ma che mette ben in evidenza il coraggio di una band che, pur attingendo al panorama musicale contemporaneo, punta soprattutto al futuro. L’altra traccia inedita si intitola “Bottles” e chiude il dischetto con i suoi ventisei minuti e mezzo. Rispetto a “Uruk” sembra seguire maggiormente un filo logico e di continuità, si denota una continua alternanza tra stravaganze e melodia e fin dalle prime battute si mostra anche una forte attenzione all’aspetto ritmico/percussivo. Tastiere, piano e fiati si incrociano continuamente; oltre all’avanguardia c’è qualche passaggio jazzistico e di tanto in tanto si accennano soluzioni più vicine al rock sinfonico. Peccato per la qualità audio, che non rende giustizia alla fervida ispirazione dei musicisti. D’altronde si parla di incisioni risalenti al periodo tra il 1969 e 1971, quando in Italia quelli che venivano chiamati “complessi” cercavano melodi di facile presa e puntavano su cover. Il Sistema, invece, guardava e ascoltava sì cosa succedeva intorno e all’estero, ma era chiaramente voglioso di sviluppare un proprio linguaggio musicale, di andare “oltre”. Magari qualcuno può avere difficoltà ad approcciarsi a questa versione così radicale ed ermetica del gruppo, ma non si può negare che si tratti di un altro interessantissimo documento che dimostra quanto il Sistema fosse avanti. Molto avanti.
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Peppe Di Spirito
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