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| HORA PRIMA |
Hora prima |
Ma.Ra.Cash Records |
2025 |
ITA |
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Mi permetto di iniziare questa recensione con un’esperienza personale, visto che, da habitué del festival di Veruno, ero presente all’esibizione pomeridiana di questa band nel 2024 al Forum dove si tengono alcuni spettacoli prima dei concerti al campo sportivo, sede del palco principale. La performance fu splendida, tanto è vero che ci fu una standing ovation alla fine, cosa tutt’altro che usuale in quel contesto. Per gli Hora Prima, fu l’occasione di presentare in anteprima alcuni brani del secondo album, uscito poi quest’anno. Di conseguenza, per il sottoscritto, le aspettative erano alte. Molto alte. Dopo numerosi ascolti posso dire che sono state parzialmente ripagate. Il disco è davvero bello, ma l’esplosione definitiva che mi aspettavo non c’è stata. Ma veniamo ai contenuti di “Hora Prima”, che presenta sette brani per un totale di quasi trentanove minuti di musica. L’apertura è affidata a “Uomo ancestrale (primordio)”, che ci porta subito nei territori calorosi del più classico rock progressivo italiano, con una partenza pastorale, tra flauto, chitarra acustica e violino, con piacevoli melodie vocali; dopo quasi un minuto e mezzo la sezione ritmica e la strumentazione elettrica danno una scossa ed inizia il solito saliscendi di cambi di tempo e di intensità, con spunti sinfonici. Un primo paragone potrebbe essere fatto con PFM, Quella Vecchia Locanda e Alphataurus. Stesse coordinate per “Intelligenza artificiale”, con tempi composti, bella alternanza tra ruvidezze e melodie, per una costruzione che permette di mostrare bene le capacità tecniche dei musicisti. Poi arriva un vero gioiello, “Deus ex machina”, strumentale con una prima parte di circa due minuti elettronica e sperimentale, che poi sfuma per far partire un crescendo che regala emozioni grazie ad un riff di fuoco, un groove assolutamente trascinante e vaghe spinte jazz-rock. “Delirium omnibus” è un brano cantato in inglese vagamente funk, ma che non perde l’anima prog nei momenti strumentali, mentre “Diari dalla quarta dimensione” riporta ad una dimensione più mediterranea, tra hard rock reminiscente del Biglietto per l’Inferno, cavalcate à la PFM e passaggi più melodici. C’è poi “Al Khwarizmi”, altro ottimo strumentale, molto dinamico, nel quale i musicisti possono mostrare le loro doti. Il finale è affidato ad una riuscitissima cover di “Le Roi Soleil” dei New Trolls, perfettamente eseguita con tutti i passaggi elaborati, comprese le particolari armonie vocali. Rispetto all’esordio “L’uomo delle genti”, c’è stata qualche variazione nella line-up e per l’occasione gli Hora Prima si presentano con Francesco Bux (batteria, sintetizzatore, voce), Andrea Catalano (voce), Domenico De Zio (chitarre), Roberto Di Lernia (basso, voce) e Roberto Gomes (tastiere, voce), più vari ospiti, al basso, al flauto, al contrabasso, al trombone e al violino. E siamo al cospetto di una formazione di grandissima qualità, con strumentisti di prim’ordine che dimostrano di essere capaci di suonare con un’ottima tecnica al servizio delle composizioni. Allo stesso modo, anche il cantante Catalano mostra ampiamente di sapere il fatto suo sfoderando una prova rimarchevole. Ma queste sono cose che non sorprendono chi ha avuto la fortuna e il piacere di vederli dal vivo. Gli Hora Prima sono un gruppo a cui non manca proprio nulla per diventare grandissimo ed essere una delle punte di diamante del prog italiano degli anni ’20. Li aspettiamo alla terza prova.
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Peppe Di Spirito
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