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FLAMBOROUGH HEAD |
Defining the legacy |
Cyclops |
2000 |
NL |
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I Flamborough Head avevano esordito un paio di anni fa con l'album "Unspoken whisper", in cui si esibivano in un new prog di discreta fattura, mostrando una maturità non indifferente per un gruppo al debutto. La loro musica riusciva a slegarsi dalle pomposità tipiche dei gruppi inglesi e dalle influenze pop e metal che contraddistinguono spesso quelli olandesi. Il nuovo lavoro "Defining the legacy" mi ha invece un po' deluso e mi sento di parlare di passo indietro. La title-track che apre il cd sembrava promettere bene con oltre 11' che conservano le caratteristiche dell'album precedente, attraverso interessanti cambi d'atmosfera che mantengono sempre in tensione l'ascoltatore, specie nei momenti più delicati, marcati da dolci note di piano. Ma i seguenti brani lasciano l'amaro in bocca: "House of cards" ha un bell'inizio tastieristico e discrete parti melodiche, che però contrastano troppo con gli aggressivi inserimenti della sezione ritmica e della chitarra. Con la terza traccia "Garden of dreams" comincia ad avvertirsi una certa noia ed emergono quelle ostentazioni che il gruppo aveva evitato nel primo album. Le soluzioni timbriche adottate, i cambi di tempo forzati e qualche situazione vicina al metal, in questo brano e nei seguenti "Assassin" e "Impulse", palesano mancanza di buone idee e passaggi abbastanza scontati che non favoriscono certo un giudizio positivo. Qualche indovinata soluzione classicheggiante nobilita "Bridge to the promised land", facendo raggiungere un'ampia sufficienza a questa traccia che con i suoi 6'38'' è la più breve del cd. Chiusura dignitosa affidata a "Mind-sculpture", strumentale ben costruito con riferimenti a Genesis e Camel. Insomma se considero "Unspoken whisper" uno dei migliori esempi di new prog degli anni più recenti, non posso negare che "Defining the legacy" mi lascia molto perplesso, tra i suoi (pochi) alti e i suoi bassi.
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Peppe Di Spirito
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