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41POINT9 Mr. Astute trousers The Highlander Company Records 2018 USA

Bisogna andare indietro di oltre venti anni, più precisamente al 1995, per trovare i germi di quello che sarebbe diventato il gruppo 41point9. In quell’anno, infatti, si conobbero il bassista Bob Madsen e il chitarrista e cantante Brian Cline. Tra i due fu feeling immediato ed iniziò una proficua collaborazione che si è mantenuta solida nel corso del tempo. Solo nel 2011, però, arriva il debutto discografico della band, con “Still looking for the answer”. Ci sono voluti poi altri sette anni per dare un seguito a quell’album ed arriva nel 2018 questo “Mr. Astute trousers”. Madsen e Cline sono per l’occasione accompagnati da altri validi musicisti. Su tutti spicca Kenny Steel, autore senza dubbio di un gran lavoro con le tastiere ed impegnato anche con le chitarre, ma non bisogna dimenticare il batterista Mike Van Der Hule, il chitarrista Chad Quist, il chitarrista e cantante Jay Tausig (nome che dovrebbe essere noto agli appassionati, essendo attivo nel mondo del prog già da un bel po’) e svariati altri ospiti, soprattutto per le parti vocali. La presentazione del nuovo cd è affidata ad una sorta di preludio strumentale molto suggestivo, con un sound maestoso, articolato tra tastiere classicheggianti, chitarre ruggenti, ritmi lenti e una voce femminile soave in sottofondo. Dopo questa introduzione è il basso a fare da apripista per “When valkyries cry” e qui la musica si mantiene altisonante, con un keyboards playing che ricorda molto i primi episodi solisti di Rick Wakeman e va a incrociarsi con elementi prog metal in un turbinio di cambi di tempo. Dopo nemmeno una decina di minuti, insomma, gli amanti del progressive rock più sfarzoso saranno già in sollucchero. E queste caratteristiche che infarciscono la proposta dei 41point9 si ripresentano con discreta continuità durante l’album. Certo, c’è l’episodio che deve qualcosa (o più di qualcosa) ai Dream Theater (“For the king”, con l’alternanza di spunti melodici e ruggenti), o quello vicino ad un AOR leggerino (“Confessions at midnight”). In ogni traccia, inoltre, sembra avvertirsi il desiderio di una certa immediatezza con le parti vocali e non mancano spruzzatine funky qua e là, ma fondamentalmente si capisce che i musicisti si divertono più che altro a giocare con la magniloquenza, senza crearsi il problema di sembrare troppo appariscenti e solenni. Da segnalare che alcune bonus tracks meno interessanti completano quest’opera che mescola luoghi comuni e voglia da parte dei musicisti di inserire ingredienti disparati per non apparire troppo “legati alla tradizione”. Può piacere o meno e probabilmente chi ama le sonorità più epiche potrà anche trovare in “Mr. Astute trousers” un lavoro da ascoltare in continuazione, ma l’impressione è che alla lunga stanchi un bel po’.



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Peppe Di Spirito

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