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ARIA PALEA Danze d'ansie Lizard Records 1998 ITA

Gli Aria Palea sono un gruppo molto apprezzato sia dal pubblico che dalla critica italiana, ne sono prova il 2° posto al Premio Darwin '97 (dietro agli Spirosfera e davanti ai Finisterre) ed il 1° posto al Premio Stratos nel 1998.
"Zoicekardia", termine coniato dagli AP per esprimere il senso della dimensione artistica che si regge sul fragile equilibrio fra Zoi (vita) e Kardia (cuore), è il lavoro d'esordio che ha fatto conoscere il gruppo che, più che un clone dei Jethro Tull, brillava per originalità e freschezza compositiva (vedi soprattutto la cura nei testi, il cantato in italiano, dialetto ed in greco, oltre che le influenze della musica popolare salentina). Danze d'ansie - per usare le parole di Egidio - è nato come un lavoro di passaggio (da "Zoicekardia" al nuovo lavoro che dovrebbe basarsi sul personaggio mitico di Ahasverus, ovvero l'ebreo errante - NDR) ma con l'andare del tempo ha preso una forma più consistente, rispecchiando le nostre personali evoluzioni musicali che spesso varcano le soglie del Rock-Progressivo tradizionale. In modo naturale abbiamo fotografato il nostro attuale modo di espressione fatto di radici popolari e nuove esperienze, sotto l'influenza riconoscibile della musica nostra e dell'ultimo De André, dai classici dei '70 alle nuove esperienze etniche o sperimentali. Danze d'Ansie è un piccolo viaggio all'interno della follia, quella patologica dei manicomi e quella nascosta della quotidianità. Senza troppe pretese abbiamo cercato, partendo dalle nostre personali esperienze, di descrivere i diversi stadi di un disagio: dall'alienazione al caos, dall'angoscia al sarcasmo ed alla ribellione. La recensione del disco in questione è decisamente difficile e c'è la certezza di non rendere in poche righe quello che viene proposto in 34 minuti circa di grande musica. L'inizio è scoppiettante con "Émba pu 'c'essu" in stile 70 (tanto per abusare di un riferimento citiamo i J.T.), si prosegue non "Notturno", caratterizzato da una chitarra dolcissima, poi la follia prende il sopravvento nei tre minuti scarsi di An'zennu: sentenza e approdo.
L'idea del vuoto è un pezzo che definire jazzato è poco, quasi interamente strumentale (testo ridotto all'osso ma, come di consueto, fondamentale nell'economia del brano). Stella è pura poesia, una nenia dolcissima che sul finire va a collegarsi con i temi dell'esordio. Ritorna prorompente la follia in Abiura in nove quarti. Il finale è un omaggio ai Focus (Molto bella la rivisitazione degli AP). Concludo chiedendo venia al gruppo per le sicure che ho preso cercando di interpretare un disco sicuramente tanto bello quanto difficile da spiegare a parole, vale più un ascolto che un milione di parole, provare per credere!

 

Fabio Suppressa

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ZAQ Zaq 2003 

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