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ACUITY Skyward Retrograde Recordings 2004 USA

Come giudicare quest'album? Le prime due tracce ci fanno presagire un disco di scialbo metal Prog; purtroppo nella seconda di essa cominciamo a far conoscenza col cantato che, a voler essere buoni, è davvero orrido (avete presente la voce di "a flower?" su "Supper's ready"? Immaginatela a cantare un intero disco), così come le liriche peraltro. A partire dalla terza traccia l'album comincia a mostrare il suo vero volto, fatto, nelle intenzioni, di Progressive sinfonico del miglior genere, con influenze Genesis, Van Der Graaf e Gentle Giant. Il fac-totum del progetto Acuity si chiama Bradley Styes, discreto multi-strumentista e (pessimo) cantante, ma c'è altresì la partecipazione di Matthew Parmenter al violino che qua e là riesce a far salire la musica di qualche punto. La quale musica peraltro non è neanche male, anche se le ottime intenzioni spesso naufragano in gorghi malefici, non riuscendo a centrare l'obiettivo, girando a vuoto in inutili sproloqui. Senz'altro un album strumentale avrebbe potuto essere apprezzato maggiormente, tant'è vero che l'ultima traccia ("Voyager"), una delle tre suite presenti, pur presentando qualche breve parte vocale, riesce a farlo passare quasi inosservato e risulta abbastanza apprezzabile, sostenuta da delle buone atmosfere e un arrangiamento sopra la media, rispetto alle altre canzoni. Per il resto, dicevo, qualche discreta idea assieme ad altre meno buone e buttate lì senza costrutto logico e discrete atmosfere nei brani più lunghi. Buone le parti di tastiera, altalenanti le chitarre, inutile il basso, accettabile la batteria; questa in sostanza la pagella del multi-strumentista. Proprio la presenza di Parmenter comunque ci fa venire alla mente la somiglianza più decisa, ovvero quella coi Discipline; altra pasta però... i Discipline a confronto erano di un altro pianeta ma, trovando un vocalist decente, il signor Styes potrebbe dare una vera vita al suo progetto Acuity, riuscendo a produrre della musica che riesca a non farci stridere i denti ogni volta che comincia una linea di cantato.

 

Alberto Nucci

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