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AVIVA Rokus tonalis Musea 2006 RUS

Non è comune che i russi al giorno d'oggi si avvicinino al progressive rock… ma quando lo fanno riescono sempre a sorprenderci in un modo o nell'altro, per la loro forte personalità, per il loro approccio complesso, per i riferimenti colti, per la loro vivacità artistica. Sebbene questo album non appaia proprio digeribile e dia in qualche modo l'impressione di essere volutamente molto ostico e pretenzioso, nondimeno susciterà curiosità ed ammirazione fra quanti decideranno di sperimentarne l'ascolto. Il quadro si fa più chiaro se pensiamo che abbiamo a che fare col progetto di un multistrumentista eccentrico, Dmitri A. Lukyanenko alias Aviva, che si divide fra tastiere, basso e batteria, con l'ausilio di Andrew Pruden alla chitarra elettrica e di qualche ospite che si fa carico delle parti vocali, rare e rappresentate per lo più da vocalizzi e sequenze parlate. Alla complessità stessa della musica si aggiunge l'ambiziosità del concept, ispirato niente meno che all'Apocalisse di Giovanni. Nelle sue escursioni rocambolesche alle tastiere, con forti richiami alla musica classica ed una marcata predilezione verso le tormentose e drammatiche composizioni degli autori contemporanei, Dmitri non può che porgerci su un piatto d'argento il paragone con gli EL&P, anche se il musicista russo ama spingersi, nell'emulazione dei propri modelli, verso la composizione di sequenze musicali che oltrepassano non di rado i limiti della sopportabilità. Per i suoni sofisticati e tecnologici, questo album offre richiami ai connazionali Araks di "Ispoved'" o, ancora meglio, agli Horizont, ma la musica di Aviva è ricca anche di intrecciatissime sequenze di piano di ispirazione classica, con precisi richiami a Hindemith che fanno pensare in qualche modo alle spinte sinfoniche ricche di tensione dei Deluge Grander. La musica è un continuo turbinio di contrasti, sentimenti forti, con un mescolio di sonorità classiche e moderne, musica sinfonica e persino elettronica, astrattismi, manierismi e accostamenti sonori schizoidi. Il tutto ovviamente è gestito con grande tecnica e compiacimento delle proprie capacità esecutive. Insomma per questo album, forse un po' troppo pretenzioso ma comunque ricco di buone idee, è possibile provare tanta repulsione quanta attrazione morbosa.

 

Jessica Attene

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