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ALAMAAILMAN VASARAT Valta Nordic Notes 2012 FIN

Finché non li si vede in azione dal vivo mancherà sempre un tassello per poter inquadrare la loro essenza. Due violoncellisti (Tuukka Helminen e Marko Manninen) ai lati del palco, uno a destra l’altro a sinistra, chini sul loro strumento che sfregano ritmicamente con l’archetto, senza delicatezza alcuna, e che emettono suoni che somigliano più che altro a riff feroci di chitarra elettrica, il batterista Santeri Saksala (che sostituisce lo storico Teemu Hänninen che, come Marko Manninen e Jarno Sarkula proveniva dalla line-up degli Höyry Kone) in posizione centrale che domina dall’alto la scena, pestando come un martello pneumatico, il tastierista Miikka Huttunen, un po’ defilato, con il suo elegante organo, in questa specie di taverna di troll, ma soprattutto Jarno Sarkula, basso, tarchiato con la barba lunga e il cappello a cilindro (pensate a Gimli di Tolkieniana memoria) che rincorre per tutto il palco con i suoi sax (anche se a volte si serve del clarinetto e della tuba) l’alto, smilzo e lungocrinito Erno Haukkala con il suo trombone (o con la tromba all’occorrenza), che sbandiera da un lato all’altro quasi fosse un’arma… e a volte i suoi compagni devono persino schivarlo per non rischiare di essere colpiti a tradimento nella foga. Non servono testi per raccontare le loro storie perché la musica, sempre fantasiosa, grottesca e agguerrita, riesce a fare tutto da sola.
Questo sesto album in studio, compreso quello realizzato assieme a Tuomari Nurmio nel 2005, non rappresenta altro che il perfezionamento di una formula ben rodata che prevede un mescolio di stili musicali con elementi folk eterogenei, soprattutto balcanici e klezmer, oltre che nordici, ritmi di marcia serrati, una base ritmica rumorosa e ronzante e a tratti un po’ metallosa, elementi sinfonici che a volte si perdono nel marasma generale e chi più ne ha più ne metta. Nonostante la descrizione vi possa far immaginare qualcosa di improponibile, il risultato finale è esilarante perché la musica sa essere pittorica e descrittiva, coinvolgente e costantemente galvanizzata da forti ventate di follia. Soprattutto grazie ai fiati che a volte sembrano irritarsi e borbottare ma in molte altre occasioni riescono a dipingere delle melodie molto penetranti, la musica riesce ad essere fantasiosa e suggestiva.
L’incipit dell’album, “Riisto maasi irtäjä”, riesce ad essere classicheggiante e persino barocco, ma le tonalità gravi e teatrali trasformano il pezzo in qualcosa di comico e bizzarro. L’effetto finale somiglia alla colonna sonora di un film in bianco e nero popolato da personaggi assurdi in un’atmosfera da vecchio circo. Se l’inizio potrebbe sembrarvi pretenzioso, con “Henkipatto” vi sembrerà di ondeggiare fra le dune sul dorso di un cammello nei panni di un novello Lawrence d’Arabia. I suoni si ammorbidiscono e alleggeriscono e tutta questa calma sembra quasi surreale con i violoncelli che si ricordano ogni tanto di essere strumenti d’orchestra. Con “Hajakas” si cambia scena e adesso le fragranze etniche sembrano aver a che fare a tratti con la tequila i cui fumi però si vanno a disperdere in un klezmer sconnesso. Quando tutto sembra affabile, sinuoso, fluttuante ed ammiccante, sul più bello troverete tanti sassolini a movimentare il vostro percorso ed è così che i suoni si induriscono, risultando persino minacciosi, e le ritmiche diventano frastagliate, ovviamente fino alla curva seguente dove il paesaggio cambia ancora una volta. Un pezzo come “Norsuvaljakko” appare decisamente saturo e rumoroso, con puntate avanguardistiche, ma l’instabilità del gruppo gioca sempre a vantaggio dell’ascoltatore che non fa in tempo ad abituarsi ad una situazione che subito viene fatto rimbalzare in tutt’altra direzione. Immaginate poi tutto il trambusto che sono capaci di combinare i nostri anfitrioni sul palco ed il gioco è fatto. Per arrivare in fondo all’album, che si chiude con la distorta “Hirmuhallinto”, ci vogliono solo quaranta minuti che passano davvero in un baleno.
Forse anche più che in passato l’album è stato pensato per intrattenere il pubblico, risultando molto efficace nel creare immagini mentali che variano poi di canzone in canzone. Direi quindi che se avete già apprezzato questo gruppo dai modi e dal linguaggio decisamente originali, difficilmente rimarrete delusi. Metteteci anche che ad ogni copia venduta dell’album il gruppo ha promesso di schiacciare un po’ di ragni per festeggiare e forse vi sentirete più motivati ad intraprendere questo ascolto, allucinato e movimentato, ma sicuramente divertente.


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Jessica Attene

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