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ANYONE'S DAUGHTER Anyone's daughter Spiegelei/Intercord 1980 (Tempus Fugit/SPV 2012) GER

Il Progressive Rock in Germania sembra non aver subito drastiche battute d’arresto alla fine degli anni Settanta e la nascita di questa band, che risale proprio a quel periodo, ne è una dimostrazione. Ecco che musicalmente il passaggio fra due epoche così diverse per la nostra musica di riferimento appare qui molto fluido, grazie alla commistione aggraziata di elementi che ben si collocano in questo periodo di transizione. Tuttavia la vita per una band tedesca del periodo non era proprio così facile, anche perché passaggi radiofonici e televisivi non erano alla portata di tutti. Gli Anyone’s Daughter compensarono questa carenza con tantissimi show dal vivo e seppero guadagnarsi un seguito molto fedele, tanto più che ricordiamo l’esistenza di una raccolta di inediti pubblicata nel 1986, dopo lo scioglimento del gruppo, proprio grazie al devoto fan club. A sostegno di “Adonis”, l’esordio datato 1979, vi fu una lunga tournée assieme al bluesman inglese Alexis Korner e, quando entrarono in studio per la loro seconda fatica discografica, gli Anyone’s Daughter avevano collezionato più di 150 date dal vivo.
Grazie anche alla musica ovviamente la band ottenne la sua fetta di popolarità che le comportò anche passaggi alla radio con il singolo “Moria”, rompendo ogni convenzione che vedeva come favoriti i gruppi di Amburgo e Berlino, a discapito di altre città come Stoccarda da dove i nostri provengono. Il gruppo afferma di non aver subito alcun tipo di pressione da parte della casa discografica e al contrario si sentì guidato dall’entusiasmo che si poteva captare da un’atmosfera scaldata dalle tante aspettative dei fans. Tutto ciò evidentemente è andato a vantaggio di una musica molto spontanea e diretta e sicuramente carica di energia che viene riversata in canzoni comunque più rifinite e compatte rispetto al pur valido esordio.
Se gli Anyone’s Daughter sono passati alla storia come i Camel tedeschi, sicuramente ci sono delle valide ragioni e le troviamo soprattutto nella delicata vena melodica di canzoni come “Swedish Nights”, con le sue ampie coltri tastieristiche dipinte da Matthias Ulmer, o nel cantato vellutato di Harald Bareth (che è anche bassista), che in “Sundance of Haute Provence” appare oltremodo romantico. In molte occasioni questa vena Cameliana viene rinforzata da un contesto ritmico decisamente più vicino alle mode degli anni Ottanta, anche se si tratta di qualcosa di comunque abbastanza elaborato e nient’affatto sintetico e artificioso. “Thursday”, vivace e allegra, è emblematica di questa attitudine più easy ma assolutamente da non sottovalutare, tanto più che, nonostante le somiglianze, è quasi impossibile parlare di cloni. La già citata “Moria” ha sicuramente la veste di un singolo e presta il fianco a cedimenti commerciali ma bisogna dire che il pezzo è decisamente affabile ed efficace. Il gruppo precisa che dal vivo si divertivano a riproporla con arrangiamenti diversi e più raffinati mettendone in risalto tutte le potenzialità. Non da ultimo bisogna notare che il brano, ispirato al “Signore degli anelli”, fu scritto da Bareth sotto l’influsso dell’entusiasmo per la lettura appena terminata in un periodo in cui Tolkien non si era guadagnato ancora tutti i suoi seguaci, per lo meno in ambito musicale.
Nonostante il suo appeal commerciale questo secondo album non rinnega affatto la sua collocazione nell’ambito del Progressive Rock e i bei passaggi strumentali, non privi di virtuosismo, sono lì a testimoniarlo. Pensiamo ad esempio a “Another Day Like Superman”, che non a caso è anche il pezzo più lungo del disco (otto minuti in tutto), con le sue splendide cascate di tastiere che duellano con la chitarra di Uwe Karpa. Sebbene più brevi, “Azimuth” e la successiva e conclusiva “Between the Rooms”, sfoggiano ancora ariose progressioni sinfoniche, decisamente piacevoli all’udito. Ho colpevolmente escluso dalla trattazione la centrale “Superman” che voglio comunque ricordare per le sue suggestioni che questa volta potrebbero richiamare i Pendragon, anche se, mi preme sottolinearlo, non siamo affatto in territori assimilabili al New Prog di stampo britannico ma in ambiti decisamente più particolari e personali che sicuramente vale la pena esplorare.
La attuale ristampa, rimasterizzata e disponibile anche su LP su picture disc in edizione limitata, è corredata anche dalle versioni live di “Superman”, “Between the Rooms” e Sundance of the Haute Provence”, registrate tutte nel 1980, la prima a Frankenbach e le seconde due a Baden Baden. Trovo questa integrazione molto significativa proprio perché, lo ho già spiegato, la band ha avuto una vita concertistica molto intensa e direi che queste versioni riescono a dare un’idea della carica e del coinvolgimento che gli Anyone’s Daughter riuscivano a concretizzare sul palco, attorniati dal loro amato pubblico.


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Jessica Attene

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