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LEONID ATABEKOV In other spaces autoprod. 2012 UZB

Nell'URSS degli anni '70, per gruppi di ispirazione occidentale, era pressoché impossibile pubblicare album. La musica viveva e si sviluppava principalmente in festival sparsi su tutto il territorio nazionale.
Durante gli anni '80, grazie all'avvento della Perestrojka, molti di questi gruppi riuscirono finalmente a pubblicare i loro lavori. É stato cosi possibile per noi occidentale scoprire la grandezza il vastissimo panorama musicale sovietico di quel periodo. Una delle cose che colpisce maggiormente di tutto ciò è il come in tutte le repubbliche dell'ex Unione Sovietica si siano mantenuti attivi scenari interessanti. In particolare io sono stato da sorpreso come le repubbliche più remote dell'Asia centrale abbiano saputo regalarci un "jazz rock" originale e di tutto rilievo, nel quale si combinano le sonorità occidentali dei Weather Report e dei Chick Corea con la musica tradizionale delle loro terre.
Il Turkmenistan ha regalato i meravigliosi Gunesh Ensemble e Firyuza, nel Kazakistan c’erano i “Boomerang”. Nell'Uzbekistan il gruppo che ha svettato su tutti per qualità è stato senza dubbio quello dei Sato diretti da Leonid Atabekov. Un gruppo capace di rielaborare un mix unico di Jazz, Rock e musica tradizionale tartara.
Purtroppo il processo di democratizzazione che li aveva "liberati" e causa stessa della loro fine. Tutti questi gruppi (o quasi) infatti persero sensibilmente il loro appeal presso il pubblico proprio a causa dell'importazione massiccia di musica occidentale.
Sorte che, come detto, non ha risparmiato i Sato che, dopo due splendidi album rilasciati tra l'86 e l'87, si sciolsero e ognuno intraprese le sua strade da uomo libero.
Leonid, che dei Sato fu il leader, non ha mai smesso di fare musica spaziando liberamente nei più disparati generi musicali (prodezze musicali di cui onestamente conosco molto poco). Nel 2006 ha curato una ristampa in cd del primo album dei Sato “Efsane” proprio in occasione del ventennale.

Questo lungo preambolo di presentazione e introduzione, possiamo finalmente parlare di "In Other Space", disco da solista di Leonid pubblicato nel 2012. Ad accompagnarlo in questo progetto un nutritissimo numero di musicisti tra i quali il flautista dei Sato Narket Ramazanov e suo figlio Andrei alla batteria che già l'accompagnava dal tempo dei Sato.
La prima cosa che viene subito in mente all'ascolto e che i 25 anni passati si sentono tutti. La musica si è fatta molto più pacata, direi quasi innocua e in alcuni casi melensa. Alcune brani ci ricordano addirittura le canzoncini simil world music che si sentono ad alcune bancarelle peruviane. I primi pezzi scorrono e si fa molta fatica a ritrovare la forza espressiva e l'originalità dei Sato, una fastidiosa sensazione di vuoto ci riempie. Ma d'incanto escono fuori tracce che immediatamente riportano alla magia di un tempo: "Reflection" è un funk jazz che ricorda gli Head Hunters di Hancock e mostra che il nostro caro Leonid ha ancora energia dentro. "A Taste of the East " (il pezzo che riteniamo essere il più bello) è una cavalcata jazz rock attraverso le steppe dell'asia centrale. Ad ascolti successivi si rivalutano anche altri brani penalizzati dalle sonorità un po’ plasticose scelte dalla sua band. Poi c'è “Arrival” che è un pezzo alla Chick Corea più che discreto.
Notiamo con piacere che Leonid ha ancora passione nel fare musica ed è ancora capace di spunti interessanti, ma riteniamo che i Sato erano e sono tutt’altra cosa. Sono ancora e davvero molti i pezzi che nell'album hanno poco o nulla da dire.
Se già conoscete la band potrà quindi essere interessante curiosità scoprire questo album, ma se ancora non conoscete nulla scena musicale jazz rock uzbeka degli anni 70/80 puntate dritto su “Efsane” in attesa che venga ristampato anche il secondo album della band.

Forse avrete da obiettare che il preambolo introduttivo sia stato più lunga della recensione stessa, ma la caratteristica che rende interessante l’album è proprio la storia del personaggio e il contesto musicale da cui egli proviene.



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Francesco Inglima

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