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ALTABLANCA En vivo Mendoza ‘81 Viajero Inmovil 2013 ARG

C’era una volta un gruppo di provincia, di Mendoza per la precisione, che dal vivo riusciva a mettere insieme senza problemi più di duemila persone e che, cosa assai rara per una realtà periferica, venne chiamato a suonare a Buenos Aires, su invito dei più famosi M.I.A. che organizzavano settimanalmente serate musicali chiamando a raccolta gli artisti che a loro giudizio erano più rappresentativi. Gli Altablanca erano al vertice di una fiorente scena musicale e riuscivano a dominarla, proprio come i M.I.A. a Tucumàn, da gruppo indipendente tanto da apparire come un vero e proprio fenomeno. La loro proposta era molto elaborata e rappresentava a tutti gli effetti, come essi stessi dichiaravano, una nuova ondata musicale nella brulicante scena argentina e un punto di riferimento per tutti gli altri gruppi della zona. Di loro non ci rimaneva, fino ad oggi, che il fascino del loro nome leggendario, infatti, nonostante i quasi otto anni di inarrestabile attività, iniziata nell’Aprile del 1976, nessun album fu pubblicato, traguardo questo al quale il gruppo, passato attraverso cinque incarnazioni successive con vari cambi di line-up, non ambiva minimamente, tanto era grande la sua volontà di rimanere libero rispetto al mercato. Ma gli Altablanca divennero comunque molto importanti, potendo contare su un solido repertorio e su un pubblico fedele che li seguiva costantemente e che ancora oggi ne ricorda con nostalgia le gesta. Questo album diventa quindi un documento cruciale per ricostruire e provare direttamente con le nostre orecchie un capitolo importante del Prog argentino.
La registrazione (presa dal mixer e riversata su cassetta Maxell), che ritrae il meglio di due concerti tenutisi entrambi il 16 Novembre del 1981 presso il teatro Independencia di Mendoza, ci catapulta dritti dritti nell’atmosfera di quella serata. Sul palco c’è la terza incarnazione del gruppo che all’epoca, fino al 1983, comprendeva il chitarrista e fondatore Mario Matàr, che ricordiamo successivamente negli Zonda Projeckt, il bassista Jorge Aguerre, la voce splendida e caratteristica di Susana “Turca” Nalldi, il tastierista Jorge Zangheri, il batterista Carlos “Pajarito” Corvalàn e infine Daniel Martìn al flauto traverso e alla chitarra. La musica offre un turbinio di emozioni rese ancora più vive da uno stile esuberante, tecnico, dinamico e creativo, in cui si mescolano influenze musicali che vanno dal rock progressivo classico di stampo inglese al jazz, alla musica classica, senza tralasciare la scena argentina con i grandi M.I.A. ma anche con i colori suadenti del tango. L’esibizione è energica ed intensa, anche nei momenti più melodici, come nella traccia di apertura “Preludio II” con scenari cameliani e splendidi tappeti tastieristici disegnati dall’organo Farfisa. In particolare la parte ritmica è molto mobile e irrequieta, col suo approccio jazzato che riempie di chiaroscuri i passaggi più sinfonici, come nella brillante “El burlón de la foresta” che ricorda un po’ i Focus, oltre che i già citati Camel. Il lavoro ritmico diviene ancora più evidente in “El vértice del peine” che mi ricorda un po’, soprattutto per quel che riguarda questo aspetto, gli SBB di “Follow My Dream”, anche se dubito che ci siano mai stati contatti fra i due gruppi. Altra band che potremmo chiamare in causa nei momenti più melodici è quella degli Happy The Man come anche i Return To Forever in quelli più energici. Splende all’interno di questo album la suite “Paso a la vida”, divisa in due tracce e dominata da momenti di grande sinfonicità con la voce forte e romantica della Turca che finalmente possiamo ammirare nella seconda parte come anche nella sanguigna “Shayton” dai connotati hard blues e che rappresenta uno dei pochi momenti cantati all’interno di un album quasi interamente strumentale. Poderosi assoli di tastiere sgorgano nella epica “Noviembre” mentre il flauto guida la delicata “Aire de tango para una mujer”. Tutti i musicisti sono in realtà eccellenti e non sono affatto timidi quando c’è da dimostrarlo, anche se non troviamo delle pure dimostrazioni di forza che il gruppo riesce a incanalare in un songwriting fantasioso e suggestivo, senza dimenticarsi di dare voce anche al proprio lato più romantico. Ecco quindi ancora una traccia cameliana, “Explicaciones (De lo nuestro)” e in chiusura una energica “Athenàgoras” con lunghi e complessi assoli di chitarra.
Le tracce dal vivo finiscono qui ma non è tutto: ci sono infatti ancora tre bonus track. Il primo pezzo è un demo del 1983 che rappresenta la sola registrazione in studio esistente dei pezzi originali degli Altablanca. Le altre due tracce fanno sempre parte del repertorio originale del gruppo ma sono state arrangiate e registrate ex novo nel 2000, tanto per dare un’idea del potenziale della band in un contesto più organizzato come quello della sala di registrazione. La qualità audio è decente ed è stato fatto un grosso lavoro per rendere i nastri originali più che presentabili e direi che è un vero miracolo poter ascoltare questa testimonianza interessante e tutto sommato godibile, nonostante qualche inevitabile pecca. Non avendoci lasciato altro, rimane la sensazione amara di aver perso qualcosa di veramente grande. Chissà come sarebbe stato il prog argentino se il gruppo avesse fissato su supporto fonografico le sue idee? Non lo sapremo mai, consoliamoci quindi con questa nuova splendida scoperta che aggiunge un prezioso tassello a quello che già sappiamo sulla florida scena argentina.


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Jessica Attene

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