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AUSTRALASIA Vertebra Immortal Frost Productions 2013 ITA

L’onda lunga del black metal progressivo che si era sollevata principalmente dalle lande scandinave ormai una ventina d’anni fa continua a seminare proseliti in ogni angolo del pianeta... Lo sviluppo artistico con pretese avant-garde di tale scena rimane in effetti un fenomeno davvero curioso e strano se pensiamo alle cacofoniche basi musicali di partenza, francamente difficili da digerire quando non del tutto insopportabili: l’essenza di questa musica, nelle sue migliori espressioni, è comunque piuttosto distante da quello che generalmente e piuttosto confusamente definiamo come Prog-Metal... Diventato oggetto di culto e di moda presso i metallari, negli ultimi anni sono maturati svariati ed improbabili incroci, ultimo dei quali l’incredibile blackgaze, mistura di atmosfere shoegaze, dream-pop e black metallare... Una tipologia musicale in cui si riconoscono anche i siciliani Australasia, progetto condotto dal polistrumentista Gian Spalluto, giunti con “Vertebra” al secondo cd, stampato in tiratura limitata di cinquecento copie: black metal di larghe vedute e piuttosto singolare nel suo formato puramente strumentale, con pochissimi innesti vocali, insomma niente voci strane ed urlate... al posto dei canonici ed urticanti vocalizzi possiamo infatti ascoltare la delicata voce di Mina Carlucci ad intonare soffuse melodie che si estendono talvolta su un discreto tessuto electro-pop... Quindi, affiancate al tipico furore epico delle chitarre e della batteria troviamo molti spunti melodici acustici crepuscolari, ad opera del bravo Giuseppe Argentiero, chitarrista dei Vostok, passaggi strumentali piuttosto dilatati dalle atmosfere decadenti e sognanti, con la costante e discreta presenza dei synths per evidenziare i momenti più onorici ed ariosi. Nella musica di “Vertebra” si avvertono chiaramente le inquietudini sperimentali dei Mogway ed Agalloch, ritroviamo un po’ di buona elettronica d’atmosfera ma anche qualche vaga patina trendy e salottiera alquanto discutibile. Forse un pochino di sporcizia e cattiveria in più nella produzione dei suoni non avrebbe guastato... Infine ci troviamo di fronte ad un buon disco di rock moderno strumentale, breve ma intenso, dalle forti tinte malinconiche imparentato con alcune frange estreme del metal ma del tutto potabile anche per chi è estraneo a certe sonorità... L’ascoltatore di progressive potrebbe comunque gradire ed apprezzare...



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Giovanni Carta

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