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ARCPELAGO Simbiose autoprod. 2016 BRA

Gli Arcpelago, che, fino a pochi mesi prima di registrare questo loro album di debutto si chiamavano Aurah, vengono fondati dal talentuoso tastierista Ronaldo Rodrigues, già noto per la sua precedente band Massahara, autrice di un unico album nel 2011, e dal chitarrista Eduardo Marcolino, tuttora membro degli Anxtron. Mentre quelle band sono dedite ad un potente hard Prog psichedelico, gli Arcpelago hanno caratteristiche decisamente più sinfoniche, sulla scia della tradizione delle molte band brasiliane che nacquero e prosperarono (sia pur per poco) negli anni ’90.
La musica che ci troviamo ad ascoltare fin dalla prima lunga traccia dell’album (“Sopro Vital”) ci porta decisamente in territori occupati da Pink Floyd ed Eloy, pur con qualche minore riferimento crimsoniano. Se la traccia d’avvio è caratterizzata da Moog e Hammond, la seconda “Distancia entre um Dia e Outro” vede un bell’interplay tra il piano elettrico e una chitarra ruggente. Le sonorità e le atmosfere ci riportano indietro di oltre 40 anni, senza troppi compromessi.
L’album non è interamente strumentale ma il cantato, ad opera di Ronaldo Rodrigues stesso, interviene davvero sporadicamente, magari con una sola strofa, come in “Sopro Vital”, lasciando alle belle sonorità vintage il compito di intrattenerci. Non è un dato negativo perché, sinceramente, Ronaldo non è che sia dotato proprio di un’ugola d’oro, seppur non sgradevole.
“Ebulição dos Tempos” è forse la canzone più debole del lotto e la meno articolata, con sonorità fredde e un po’ anni ’80, oltre ad annoverare la più lunga parte vocale dell’album. “Cidade Solar” e la breve “Universos Paralelos” sono invece strumentali in cui il Prog sinfonico volge lo sguardo verso gli spazi siderali, in cui Hammond e chitarra prima e Mellotron (campionato) poi imbastiscono atmosfere decisamente affascinanti.
La conclusione di questo breve album (per gli standard attuali… si tratta pur sempre di più di 40 minuti) è affidata all’altra composizione lunga “Dentro de Si”, dall’avvio caratterizzato da atmosfere calme e malinconiche e che ci riporta un po’ al finale di “Dark Side of the Moon”, con una parte conclusiva in cui splendidi assoli, prima di chitarra e poi di Moog e Hammond chiudono positivamente questa sesta ed ultima traccia.
Questa band, assieme a poche altre (vedi ad esempio Veludo o Gustavo Santhiago) riporta decisamente in auge il Prog brasiliano, pur in assenza di etichette specializzate che possano fungere da volano per poterle far conoscere adeguatamente al di fuori dei loro confini. Sì, fondamentalmente si tratta di regressive, come avrà modo di far notare qualcuno, ma a me importa che si tratti di buona musica da ascoltare piacevolmente.



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Alberto Nucci

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