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ALPHATAURUS Alphataurus Magma 1973 (Vinyl Magic 1994) ITA

Nel rispettabilissimo contesto musicale ligure degli anni 70 (Delirium, New Trolls, Museo Rosenbach...) si inseriscono gli eccellenti ALPHATAURUS, il cui primo album fu scelto dal folletto Vittorio De Scalzi per il battesimo della neonata etichetta Magma, etichetta indipendente genovese gestita per l'appunto da alcuni membri dei New Trolls, qui nelle vesti di talent-scouts. A posteriori dobbiamo dire che la scelta fu senz'altro ben mirata, poiché gli ALPHATAURUS possedevano tutte le qualità necessarie per emergere, innalzandosi di una buona spanna rispetto a quella miriade di imitatori senza talento, goffi e provinciali di cui pullulava il panorama musicale italiano del periodo. Ottima padronanza strumentale ed una competente capacità di rilettura dei modelli importanti Oltremanica (EL&P ed URIAH HEEP principalmente) erano le caratteristiche salienti di questa band, la quale si fregiava di almeno un paio di musicisti d'eccezione, ovvero il tastierista e leader Pietro Pellegrini, le cui ottime timbriche ci deliziano per tutto il corso dell'album, ed il batterista Giorgio Santandrea, futuro membro dei CRYSTALS (mini-supergruppo hard comprendente fra gli altri l'originario bassista della P.F.M., Giorgio Piazza, e l'ex B.M.S. Marcello Todaro). Non ultima fra le doti del quintetto ligure la buona versatilità, che permetteva alla band di spaziare con disinvoltura attraverso parentesi hard-prog e sinfoniche; il lato hard dell'ispirazione degli ALPHATAURUS era egregiamente rappresentato da composizioni quali "Dopo l'uragano", con un riff di chitarra darkeggiante, mentre il versante sinfonico prendeva il sopravvento nella lunga "La mente vola", dove assistiamo ad una rimarchevole esibizione del keyboards-wizard Pellegrini. A metà strada composizioni articolate e ben strutturate quali la bellissima opener "Peccato d'orgoglio", probabilmente il miglior pezzo dell'album, al cui inizio melodico e suadente fa seguito un sostenuto "strappo" centrale dai connotati quasi sperimentali. Complessivamente buona, seppur un po' troppo stentorea in alcuni frangenti, l'interpretazione del vocalist Michele Bavaro, la quale raggiunge livelli di eccezionale intensità emotiva nell'ultimo brano del disco, quella "Ombra muta" che consegnerà gli ALPHATAURUS alla leggenda ma anche all'oblio; infatti dopo la realizzazione di quest'ottimo album degli ALPHATAURUS non si sentirà più parlare.

 

Massimo Costa

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