Home
 
BLAZING BRONZE Dominion of the east autoprod. 2001 JAP

I Blazing Bronze fanno parte di quella schiera, sempre piuttosto ristretta, di musicisti dediti ad esplorare il lato più oscuro ed inquietante del progressive rock sinfonico... La provenienza nipponica di questa band, guidata dal chitarrista Hiroshi Aoki, può farci automaticamente venire in mente alcuni fra i nomi più in vista del prog sinfonico giapponese come Gerard ed Ars Nova, un paragone abbastanza corretto ma che non rende pienamente l'idea della musica dei Blazing Bronze. Pubblicato verso la fine del 2001, "Dominion Of The East" è il disco d'esordio dei Blazing Bronze (seguirà nello stesso anno un atipico "Death Collection") e quello che più si accosta al progressive sinfonico più classico, anche se le complesse trame musicali in "Dominion of the East", prive di qualsiasi parte vocale, sono tutt'altro che rassicuranti, anzi, con il procedere del disco si ha quasi l'impressione che i Blazing Bronze stiano svolgendo chissà quali misteriosi ed oscuri rituali... E non mi sembra affatto un caso come la "Overture" iniziale, con tanto di un organo da chiesa e rintocchi a morto di campane, sembra scaturita da un'opera del nostro Antonio Bartoccetti, una fra le molte influenze che caratterizzano le composizioni di questo cd: i Blazing Bronze traggono ispirazione apertamente da una vasta quantità di musicisti, dal Pär Lindh di "Gothic Impressions" ai Goblin, però l'ingegno ed una buona sensibilità compositiva riescono ad assorbire l'attenzione dell'ascoltatore ascolto dopo ascolto, questo grazie anche ad una formazione ad ampio respiro che comprende ben due tastieristi ed un violinista come special guest in diversi brani. Il problema maggiore in "Dominion of the East" risiede nella discontinua qualità tecnica che impedisce alle ambizioni dei B.B. di concretizzarsi sino in fondo: gli arrangiamenti e le progressioni strumentali talvolta sembrano cadere nel vuoto in dispersive progressioni soliste, oppure nella fatale ricerca della complessità ad ogni costo, questo però è più dovuto dalla probabile fretta con cui sono stati concepiti alcuni brani piuttosto che per le reali, indiscutibili capacità dei musicisti stessi. L'apparenza di una certa evanescenza in "Dominion of the East" non ci nega dunque il piacere di rimanere coinvolti in un esperienza sonora decisamente particolare ed affascinante, anche se il clima sottilmente sulfureo, per non dire necrofilo, di alcune composizioni potrebbe intimidire l'ascoltatore più impressionabile...

 

Giovanni Carta

Italian
English