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BEARDFISH Sleeping in traffic: part one Inside Out 2007 SVE

Per questa recensione partirei dalla fine dicendo che questo disco è indirizzato a tutti coloro che non ci credevano. Non credevano che un gruppo dopo un ottimo doppio album, richiamato a gran voce dalla major del prog metalizzato e luccicante, riuscisse a rimanere immacolata.
I Beardfish ci sono riusciti e hanno fatto un disco ancora più bello del precedente, senza essere minimamente attaccati dalla gravi pustole marcescenti di liquido teatriano e dalle infezioni metalprog della InsideOut, nota per essere portatrice del metalbacterium leprae. Detto questo ecco il nuovo Sleeping in Traffic – Part one dei Beardfish.
Una breve presentazione di fisarmonica, pochi secondi che ci rimandano più a certi lavori Cuneiform e ben ci introducono nel mondo seventies dei Beardfish, fatto di King Crimson prima maniera, Jethro Tull, Frank Zappa, Gentle Giant, Psichedelica, Canterbury, Camel, Prog Italico, Hammond, Mellotron e tutto quanto volete infilarci di buono.
Loro sono bravi, mannaggia quanto, a ricreare certe atmosfere, certi arrangiamenti positivi, evocativi e celebrativi. Eppure tutto questo non vieta alla proposta di essere molto riconoscibile e personale.
Quindi dopo nemmeno un minuto di intro eccoci in pieno ambiente crimsoniano con il riff di “Sunrise” brano notevole, dagli sviluppi elettro-acustici mai scontati. Con pianoforte e linea melodica che richiama i brani del precedente “The sane day” come una sorta di ponte.
Molti potrebbero esaltarsi alle lacrime per la successiva “Afternoon Conversation” dove i King Crimson di “Book Of Saturday” incontrano i Jethro Tull di “To Cry You a Song”, i Beatles di Abbey Road, per un gioiello senza tempo e una bellissima prova del vocalist, Rikard Sjöblom prodigo – in tutto il disco - di melodie mai scontate e, soprattutto, mai immediate, anzi direi che è proprio questo songwriter a creare lo stile del gruppo. Richiami vagamente folk, zappiani e tulliani per “And Never Knew”. Il pezzo forte del disco, per oltre 12 minuti, è “Roulette” e, fedele al nome, è un continuo ruotare di idee e riferimenti a tratti, geniali, con collegamenti funambolici a temi epici con BMS in evidenza ma, gran bella novità, uno splendido finale con fisarmonica quasi in stile folk/RIO.
Se risulta pleonastico soffermarsi su ogni titolo, è vero che le variazioni sono tante e tutte degne di nota che l’esercizio parrebbe necessario. Comunque Aspetti più romantici e arcadici per “Dark Poet” dove certi arpeggi riportano alla mente i Genesis di Nursery Cryme, sprazzi di Gentle Giant e Balletto in “Year Of The Knife”, tocchi fusion e canterburiani in “Ungodly Slob”. Ripeto ogni brano è un piccolo mondo dove ritrovare solo cose interessanti e di sicura soddisfazione.
Quello che voglio ancora ribadire e che desidero che non venga frainteso, è che il gruppo non è solo capace di “copiare”. I riferimenti degli anni ’70 innegabilmente si sentono, però tutto è giocato (e il termine giocato non è qui a caso) non con il bilancino del farmacista, ma con l’anima del musicista, che riesce a dare la pennellata di rifinitura, il cesello, l’impronta personale decisiva, per creare il netto distinguo tra quello che è semplice ispirazione o sentire una musica nel proprio corpo, come estensione del proprio essere.
Attenzione: questo lavoro “provoca” piacere, chi ritiene di non averne bisogno stia alla larga.

 

Roberto Vanali

Collegamenti ad altre recensioni

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