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BEARDFISH Sleeping in Traffic: Part 2 Inside Out 2008 SVE

Secondo episodio del concept Sleeping in Traffic, musicalmente piuttosto diverso dal precedente e disco essenzialmente evasivo (aggettivo non buttato a caso, poi spiego). Ho idea – e spero di non essere accusato di voler vedere Frank Zappa ovunque – che il gruppo abbia voluto tributare il grande Frank in quelle che erano le sue modalità di eterna presa per i fondelli di tutto e di tutti. Le modalità erano fatte di frammenti apparentemente scomposti e infilati a caso con il solo scopo di esprimere i propri concetti imitando e riproponendo porzioni di canzone sparpagliandoli come semi nel terreno fertile dell’allegoria musicale. Il tutto senza mai perdere di vista il proprio ego stilistico e la propria impronta musicale, scherzandosi addosso e colpendo persino i mostri sacri e se stessi in primo luogo. Nacque così Sheik Yerbouti, nasce così anche Sleeping in Traffic II. Sfido chiunque a non ritrovare questo nella parodia di “Stayin’ Alive” con tanto di falsetto alla Bee Gees, o in “South Of The Border” moderna rivisitazione musicale a cavallo tra la storia di Michael Kenyon il mitico bandito del clistere e l’avventura di “Titties and Beer”, con tanto di sbuffi southern rock. E che dire dei ridicoli momenti alla american pop singer, o gli stacchetti Dixieland, o le citazioni canterburyane, o gli strappi hard blues stile Zeppelin o Purple, o di quelli quasi mandolinistici nello stile della sceneggiata napoletana o da “A las cinco de la tarde”, o ancora in qualche arpeggio frippiano. C’è una tale intelligenza nella musica dei Beardfish da farne un movimento culturale e un motivo di studio del perché certe cose nascono nello spazio di brevi note e vengono riproposte all’ascoltatore con la consapevolezza che potranno essere colte, oppure – più probabilmente - no. Ma non c’è sfida, c’è la voglia di suonare, di gioire di quello che si suona magari tentare di rendere personali temi ormai ampiamente girati e rigirati. Attenzione però che nel disco non ci sono solo parodie e rivisitazioni, ci sono momenti di grande prog suonato con la solita bravura e cantato come pochi sanno fare. Indice di ciò i minuti finali di “Into The Sun” e alcuni intermezzi della long piece e title track (chiamarla suite, nonostante i suoi 35 minuti, mi sembra fuori luogo), tra cui il finale che, progressivamente parlando, è qualcosa di veramente pregevole. Globalmente l’impatto musicale si mantiene, ma qui spesso si ricorre anche a tematiche tardo anni ’60 con più spirito goliardico, surfer e, a tratti, hippie e il già citato brano “Into the Night” rappresenta bene questo approccio, come dicevo all’inizio, più evasivo. Ad ogni modo e al di là del significato che io ho intravisto questo è un disco che presenta del grandissimo prog e non mi faccio nessun problema nel dire che potrà dare grandi soddisfazioni non solo a chi li ha già apprezzati. Bello, bello… superbo, direi, ad ogni ascolto sempre di più.

 

Roberto Vanali

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