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THE BOX D'après le Horla de Maupassant Le Disques Passeport 2009 CAN

La storia di questo gruppo si svolge al contrario di come generalmente avviene per altri artisti che partono da un repertorio più impegnato per poi sprofondare, col passare degli anni, nella musica di facile ascolto. Negli anni Ottanta la band, capitanata dal cantante Jean-Marc Pisapia realizzò diversi album di stampo pop-new wave, inanellando una serie di hit singles ed ottenendo un discreto successo nel suo paese fino allo scioglimento avvenuto nel 1992. Nel 2003 Pisapia decide infine di riformare il gruppo ma, visto che nessuno dei vecchi compagni ne voleva sapere nulla, si rimboccò le maniche per trovare nuovi musicisti scegliendo di dedicarsi al genere che avrebbe da sempre voluto fare: il progressive rock! Nel 2005 la rinata band esordisce con il concept “Black Dog There”, cantato in inglese seguito adesso da questo nuovo album in cui invece Pisapia decide di esprimersi nella sua lingua madre. Si tratta di un concept che si ispira a “Le Horla”, una breve novella horror dello scrittore francese Guy De Maupassant che narra, attraverso il diario di un uomo, di un essere invisibile di razza superiore che lo tormenta, lasciando il lettore fino alla fine col dubbio che si tratti del delirio di un pazzo. Sicuramente leggere la novella amplifica notevolmente il gradimento d’ascolto questo perché la musica è interamente messa al servizio del racconto e riesce a dare forma perfettamente ai paesaggi ma soprattutto ai conflitti psicologici che maturano nella mente del protagonista. Sia le liriche che la musica sono molto descrittive e permettono di calarsi perfettamente nelle ambigue atmosfere della novella. In tal senso mi può venire in mente l’album dei Ripaille “La Vieille Que L'On Brûla”, soprattutto per le tonalità oscure che sottolineano il clima orrorifico e quasi Lovecraftiano della vicenda mentre per l’approccio musicale e per la teatralità del canto un punto di riferimento può essere quello degli Ange, anche se questi ultimi sono ovviamente su altri livelli. Il sound è fatto di suoni puliti e sinfonici che al momento giusto si diradano per lasciare spazio alla suspence e a sentimenti di attesa che sembrano quasi lasciarci in sospeso sul ciglio di un baratro, pronti a spiccare il volo o forse no. In linea generale il cantato è quasi sussurrato e discorsivo, quasi monotono nella sua cadenza con un effetto costante di inquietudine e ricorda a tratti i francesi Halloween. Anche le aperture strumentali non sono mai esplosive ma si sviluppano in maniera subdola e serpeggiante, come le scintille che covano sotto la cenere che sembrano assopite ma sono pronte a liberarsi al primo alito di vento. Fra i pezzi più originali mi piace citare la seconda traccia, “Incubus”, che presenta particolari timbriche di tastiere che in parte ci riportano ai primissimi anni Ottanta, mentre la successiva “L’eau, le lait, le vin” è un bellissimo esempio di come la musica possa amplificare le emozioni fornite dalla narrazione dei fatti. In particolare in questa traccia il protagonista si accorge dell’esistenza di un essere invisibile dal fatto che questi fa sparire di notte l’acqua dalla sua caraffa ed il latte, mentre puntualmente lascia al loro posto il vino e le fragole. Questo è il momento in cui i deliri del malcapitato si insinuano nella sua testa e questa metamorfosi psicologica vive pienamente attraverso la musica che ha un che di spettrale ma allo stesso tempo di incredibilmente attraente. Molto bella è la scelta dei registri di tastiere e il modo in cui alla fine si incalzano gli strumenti elettrici. Una storia a sé è invece l’ultima traccia, una specie di firma di Pisapia che ci racconta in breve di quando tredicenne, durante un viaggio aereo si trovò a leggere “Le Horla” di Maupassant rimanendone affascinato. Sicuramente questo disco è rivolto agli amanti del prog sinfonico ma in particolare saprà stimolare l’interesse di chi apprezza i gruppi di scuola francofona. Per l’incredibile gusto narrativo, per la bellezza delle liriche e per la sua particolarità questo disco saprà sicuramente lasciarsi ascoltare da questo tipo di pubblico. Mi piace però sottolineare la singolarità di quest’opera nell’ambito del moderno scenario musicale spesso troppo appiattito verso soluzioni standardizzate. Questo disco non sarà la quintessenza del prog sinfonico ma, per dirla breve, ha il gran pregio di incuriosire e di stuzzicare.


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Jessica Attene

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