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EMANUELE BAVIERI Cantami o musa Videoradio 2011 ITA

I brani che preferisco di questo album sono il preludio e l’epilogo. Si tratta di due brevi pieces per piano solo, dal sapore jazzato melodico, quasi totalmente avulse del resto del lavoro.
Non è il massimo iniziare così una recensione, lo so, ma si da il caso che questa sia stata la prima cosa che mi è venuta in mente dopo il primo ascolto di “Cantami o Musa”. Sfortunatamente, la mia opinione non è cambiata molto agli ascolti successivi. Peccato, perché l’autore sembra molto convinto del valore della sua arte, tanto da ammantarla di un velo di pretenziosità (spero non voluto) che si avverte soprattutto nei testi, carichi di retorica poetica e barocchismi nascosti dietro una finta semplicità fatta di temi spirituali e intimisti. Disgraziatamente, la musica non aiuta a migliorare le cose. Si tratta di un folk melodico lento e meditativo, basato, in ogni brano, su un’ossatura di chitarra acustica e voce per la quale l’autore sembra non fare alcuno sforzo di ricerca della varietà. Onestamente, faccio un po’ di fatica a individuare segni distintivi nei brani, anche se qualcosa (poco) si muove in “Nuvole”, interminabile nenia di un quarto d’ora nel quale compaiono una microcitazione classica (Chopin) e una batteria dal fastidioso suono elettronico che fa a pugni col contesto generale. Più ritmata e interessante “Supermercato”, l’unica traccia con un intento che sfiora il prog. Il resto si muove nello stesso ritmo lento generato dagli arpeggi di chitarra e dalla voce abbastanza monocorde dell’autore, con un andamento da cantilena ripetuto in ogni brano, e con l’ulteriore difetto di voler dilatare a tutti i costi il minutaggio delle tracce.
Sorvoliamo sulla copertina, anch’essa pretenziosa all’eccesso (Ok… c’è il volto dell’autore ritratto di profilo con una corona d’alloro in testa, su una specie di finta moneta greca o romana. Sul retro, in figura intera, lo stesso autore suona la cetra, vestito di una tunica e con un’espressione estatica sul viso.) C’è una cosa, però, che mi ha colpito molto: gli arrangiamenti sono veramente belli. Basati su archi e flauti, con qualche occasionale voce femminile a sovrapporsi a quella di Bavieri, sono studiati per cercare di contraddistinguere i brani con gusto e in maniera piacevole, risultando però fini a se stessi. Una menzione per l’autore, Massimiliano Giusti, che nell’album suona anche pianoforte e tastiere, è d’obbligo. Per il resto, ho l’impressione che “Cantami o Musa” sia un tentativo dell’autore di ritagliarsi uno spazio come menestrello di classe dedito a musica e argomenti “alti”. Il tentativo, credo sia abbastanza chiaro, per quanto mi riguarda, non è riuscito affatto.



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Nicola Sulas

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