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BILLY BOTTLE AND THE MULTIPLE Unrecorded Beam Leo Records 2014 UK

Dopo anni di collaborazione con le band di Mike Westbrook di David Sinclair, Billy Bottle, polistrumentista, cantante dalla intrigante somiglianza fisica con il giovane Kevin Ayers, parte per la prima esperienza da solista. Con i suoi trascorsi a cavallo tra jazz londinese e Canterbury sound, pare scontato andare a finire in un giro sonoro debitore di quella fantastica era tanto amata dai progster. Grazie a genialità e gusto da vendere e capacità compositive fresche e accattivanti, però, ci troviamo a spendere le nostre parole nei confronti di un prodotto eccelso e così naturale da non presentare il minimo gesto ripropositivo.
La band messa su per questo lavoro è composta da un settetto di base coadiuvato dalla presenza, non poco decisiva, di Lee Fletcher per produzione, arrangiamenti, soundscapes, virtual instruments ecc. Ci sono inoltre vari ospiti trai quali la monumentale Kate Westbrook, moglie dell’altrettanto immenso Mike. Band, tra l’altro, ad alta componente femminile per voce e violino, sax e flauto, rispettivamente con Martine Waltier, Roz Harding e Vivien Goodwin-Darke. Completano il combo il trombonista Angus Menter e la sezione ritmica con Mike Outram al basso e Gary Evans alla batteria.
“Unrecorded Beam” è un concept che affronta vari aspetti della natura con testi del poeta newyorchese Henry David Thoreau, inventore della “Disobbedienza Civile”, vissuto a cavallo nell’800 e si presenta con una serie di temi, ora più leggeri, ora più intricati, che crescono e crescono, ammantando di pura poesia sonora e di fascino ogni ascolto.
Assai variabili per durata e contenuti i nove brani tra i quali spicca decisamente la splendida “The Vessel” con la sua prima parte melodica e d’atmosfera e una seconda parte più sperimentale e improvvisata, tanto da farne una sorta di brano a cavallo tra i Matching Mole e gli Henry Cow del periodo Dagmar Krause. Ma le melodie vanno e tornano di brano in brano e quindi i temi, seppur presentati in altra maniera, una volta dalla voce, la volta successiva dal flauto o dal violino o dal pianoforte hanno il sapore amichevole e sembrano appartenerti da sempre. Non mancano spunti di natura zappiana specie negli sviluppi strumentali come in “Outward Morning”, ma anche in alcuni aspetti corali come in “Winter Memories”. C’è tanto Wyatt, un po’ ovunque sviluppato inserendo delicatezza e forza nelle partiture, assieme, come nell’altro capolavoro del disco “O Nature”. In ogni frangente è memorabile l’interpretazione della cantante Martine Waltier dotata di un’intonazione perfetta, di un’anima jazz prestata al pop e viceversa e ad ogni spunto melodico all’occorrenza.
Sul finale il disco si spezza in clamorosi divertissement, tra tempi di bossa nova, il quasi reggae che incontra temi da film e da circo, riprese dei temi precedenti un po’ in stile Hatfield, trascinanti e scomposti vocalizzi e frasi narrate dallo stesso Billy. Fulminanti e geniali.
Billy Bottle dimostra di non aver paura dei fantasmi e si aggira spavaldo tra gli spalti dei castelli di Canterbury ove aleggiano gli spiriti di Caravan, Wyatt, Matching Mole e National Health. Fa generare ricordi di atmosfere magiche e così ricche di fascino da lasciare interdetti, Impasta abilmente quei suoni con temi folk e jazz, tanto per arricchire un set musicale già di per sé più che soddisfacente e ciò che ne esce è un lavoro bello. Così bello che invito tutti (tutti) a provarlo. Bentornato Canterbury Sound.


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Roberto Vanali

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