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BEHOLDER Reflections Razorline Music 2016 UK

Macina… macina… Ma quanto macinano i Beholder?! Giunti al terzo album, che a detta del gruppo britannico stesso dovrebbe replicare la ferocia sprigionata dal vivo, i quattro si danno ad un metal violento che potrebbe essere inquadrato in vari sottogeneri (speed, thrash, metalcore…) con cui poter azzeccare in pieno la definizione… oppure topparla completamente! Questo perché il lavoro dei Beholder sarebbe materiale per addetti ai lavori del mondo “metallico”, in tutto e per tutto. Di prog non ce n’è, se non in alcune ritmiche che potrebbero “progressivizzare” il furore sopra citato. Voce durissima e spesso urlata, strillata per meglio dire; i momenti più melodici sono dovuti ai vari rallentamenti, che lasciano spazio agli arpeggi. “I, Machine” e “Heal the Wounds” nel loro genere sono notevoli, “Danse Macabre” è più cadenzata e forse fa anche da macabra atmosfera ricordando la svolta da profondo metal nordico degli svedesi Grand Magus (con un cantato da sgolamento, però!), “Killing Machine” si distingue anche e soprattutto per un approccio decisamente più “melodico” (relativamente, perché nella seconda sezione si passa ai… tafferugli) e un approccio vocale che per la maggior parte del tempo non gratta le corde vocali, concludendo con “Speak to Me”, che con andamenti ora più melodici ed ora più duri potrebbe ricordare qualcosa dei tedeschi Mekong Delta.
Nient’altro da dire. Se qualcuno dei lettori apprezza quanto sopra descritto, non esiti: nel loro genere questi sono tosti davvero. Ma nel contesto prog non c’entrano assolutamente nulla, i dirigenti della casa discografica o chi per loro ne prendano atto.



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Michele Merenda

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