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BRAIN CONNECT Think different autoprod. 2015 POL

Il chitarrista Jan Mitoraj è di recente entrato a far parte degli Osada Vida ma la sua band originaria continua ad esistere e a produrre musica, arrivando nel settembre 2015 al suo primo full length… che, a dire il vero, è quasi uno extended length, visti gli oltre 66 minuti di durata di questo “Think different”. I Brain Connect suonano fusion, completamente strumentale e dalle sonorità pesantemente, e positivamente, condizionate dall’organo Hammond di Krzysztof Walczyk; i connotati della musica sono brillanti, dalle ritmiche spesso potenti, quasi Prog Metal a momenti, ma comunque decisamente e convintamente fusion, con parti intricate e furibonde che si alternano a momenti più leggeri e in punta di dita. Il tutto trova ampio sfogo nel brano di maggior durata, ovvero nei 17 minuti secchi di “Liberate Your Life”, un bellissimo excursus che transita attraverso una molteplicità di atmosfere e cambi di umore, con dovizia di tastiere (l’organo e i synth, suonati anche dallo stesso Mitoraj e dal bassista Marcin Szlachta) e riff chitarristici convincenti ma non invadenti che portano talvolta a fare accostamenti con Satriani.
Altre tre tracce si assestano intorno ai 10 minuti di durata, o poco meno, segno che ai musicisti piace dar ampio sfogo alla possibilità di dare ampio sfogo a un ampio spettro di soluzioni musicali senza crearsi particolari vincoli (il titolo dell’album non è casuale) stilistici e frontiere da non poter varcare. In “Eridanus” è altresì da rimarcare la presenza di un sax che aggiunge la propria voce all’impasto generale e farebbe quasi desiderare un suo maggior utilizzo. Ma quanto abbiamo qui è comunque più che sufficiente a tenerci validamente compagnia per un lungo tempo, come detto. Anche un brano come “Losing Support”, che sembra quasi un pezzo dei Dream Theater in cui Rudess abbia preso incredibilmente il sopravvento (dopo aver anche imbavagliato LaBrie, ovviamente), riserva momenti decisamente interessanti e di ampio respiro, così come “Heroine Is Hidden in Ochodzki's Luggage” risiede, nella sua prima parte, su territori più tipicamente fusion, salvo sfociare su sonorità blandamente spacey.
Sì, l’album è molto lungo (l’ho già detto?) ma è comunque difficile annoiarsi e si riesce ad arrivare in fondo all’ascolto per niente spossati, passando abbastanza agevolmente dall’iniziale e brillante “Prognose” agli appena due minuti della conclusiva “Beyond the Stars”. Il gruppo ha passato i cinque anni intercorsi dalla pubblicazione del suo primo EP provando e riprovando le proprie composizioni dal vivo ed il risultato è quasi tangibile in quanto riusciamo ad ascoltare. Speriamo che questa interessante band non si perda per strada…



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Alberto Nucci

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