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BIG HOGG Big hogg Neon Tetra Music 2015 UK

Questo delizioso album, piacevole e rinfrescante, ci giunge dalla Scozia ed è stato amabilmente confezionato da cinque giovani musicisti: Justin Lumsden (chitarre e voce), Richard Merchant (tromba e corno), Ross McCrae (trombone), Sophie Sexon (flauto e voce), Alasdair Mitchell (basso e voce) e Nick Gaughan (batteria). Le tastiere ci sono, grazie all’ospite Stephen Mulhearn, ma, se si eccettuano un paio di tracce, sono molto discrete e di sottofondo; dato il notevole e costante impiego dei fiati, non se ne sente tuttavia veramente la mancanza. La loro proposta sembra che provenga direttamente dal 1972, negli anni in cui il folk progressivo era una corrente musicale viva e dinamica nonché brulicante di tanti nomi e proposte interessanti. Le 10 tracce dell’album di esordio sono profondamente e sinceramente folk, ancorché decisamente e festosamente contaminate con un Canterbury delicato e pastorale e non disdegnando altresì qualche timida e sporadica incursione blues.
La cover un po’ oscura, con quella ragazza corrucciata e le scene inquietanti sullo sfondo, non anticipano minimamente i contenuti musicali del dischetto; ci troviamo alle prese, come detto, con 10 canzoni, due in più rispetto all’edizione in vinile, di durata piuttosto contenuta che si sviluppano con ritmiche e atmosfere omogenee, con un incedere in prevalenza molto tranquillo, a momenti delicatamente ritmato, e caratterizzate da un’alternanza di cantato maschile e femminile che ogni tanto s’intrecciano.
L’avvio di “When We Were Young” è un piacevolissimo e brillante biglietto da visita, finemente contraddistinto dalla voce di Sophie. La successiva “Dog People” è un soft blues chitarristico, impreziosito tuttavia da qualche sonorità jazz, che ricorda un po’ qualcosa dei Blood Sweat & Tears. “Turn to Prayer” è il brano più rockeggiante, dai connotati psichedelici e blues e una chitarra distorta che si alterna coi fiati. Le atmosfere ritornano pastorali e folkish con “Rabbit Plateau” e la successiva “Duke of Shakespeare Street”, deliziose e certamente reminiscenti di Caravan, Strawbs o Kevin Ayers. “Bad Salad Boogie” è un brano strumentale guidato dai fiati, a tratti un po’ swing nell’incedere, così come anche la breve “Lucky and Bobby”, che gode però della bella voce di Sophie (che qui ricorda niente meno che Annie Haslam). “Remember Handsome Tony?” torna invece su sonorità alla BS&T, con una sezione fiati molto ammiccante e un po’ big band, con un bell’assolo di Hammond (finalmente!) nella seconda parte del brano.
La ballad “The Executioner” scorre via lentamente, in maniera un po’ anonima, riuscendo a coinvolgerci almeno un poco solo con un assolo di flauto. L’ultima traccia si intitola “For R.W.” e, avendo a che fare con una band così ispirata dalla scuola di Canterbury, non è difficile immaginare chi possa essere quel R. W.! In effetti il brano ha uno stile abbastanza wyattiano e delicatamente psichedelico; non imperdibile ma senz’altro suggestivo.
L’esordio dei Big Hogg è decisamente gradevole, frutto di entusiasmo puro e di una genuina devozione verso un periodo musicale in cui nessuno dei musicisti era ancora nato. Il risultato è piacevole e soddisfacente, avendo ben poco da far rimpiangere e lasciandoci in bocca un piacevole aroma…



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Alberto Nucci

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