Finalmente vede la luce la ristampa di questo che era, credo, uno dei pochi album di progressivo italiano che non aveva mai visto altra edizione (nemmeno giapponese) se non quella originale. Non si tratta sicuramente di una produzione di prima categoria, ma non mi aspettavo un così bel disco, molto calato nelle atmosfere dell'epoca, senza precise influenze straniere se non, forse, quella dei Jethro Tull, con una suite di quasi 20 minuti molto bella, due brani brevi che ben poco concedono alle voglie commerciali, e un brano di media durata un po' più sottotono, ancorché per nulla disprezzabile. Come recita la Bibbia (sia pur... apocrifa) "Il ritorno del pop italiano", il gruppo faceva forse un utilizzo eccessivo del flauto, ma è solo un particolare che, magari, non li fa salire sull'Olimpo dei gruppi italioani degli anni '70, ma che non dispiacerà a molti appassionati... così come non dispiacerà l'utilizzo dell'organo, i continui cambi di tempo e, più in generale, le belle atmosfere di quest'album.