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DOMENICO CATALDO The way out Videoradio 2010 ITA

Domenico Cataldo merita un’altra occasione, perché è difficile dire che quella del suo terzo disco solista possa considerarsi riuscita. “The way out” è un tentativo volenteroso, non andato a buon fine, di creare qualcosa di originale e degno di nota proponendo un rock strumentale con influenze fusion e sinfoniche. Nel disco Cataldo suona quasi tutto, facendosi aiutare solamente al pianoforte e occupandosi personalmente di chitarra e basso, e programmando il resto. Il primo disappunto è per la registrazione, che anni fa sarebbe stata tutto sommato accettabile per un demo, ma che ora, nel migliore dei casi, va bene per una prova realizzata senza troppe pretese. I suoni ci sono e si sentono, ma tutto sembra messo insieme in maniera troppo artigianale ed il risultato è spesso stridente, soprattutto per la chitarra elettrica, il cui tasso di distorsione va oltre quello naturale dell’accoppiata strumento-amplificatore. Non aiuta neanche la batteria elettronica, smorta e plasticosa, mentre le chitarre acustiche soffrono spesso di un infelice effetto riverbero da “stanza vuota”.
Il disco non sembra iniziare male, con l’intro spagnoleggiante di “Limbo” che fa ben sperare e la successiva “Pay attention” realizzata in maniera accettabile, nella quale Cataldo, in una apprezzabile, seppure non troppo fantasiosa, struttura rock-fusion mostra di sapersi destreggiare agevolmente con la sei corde. E’ con “Awaiting” che le cose si fanno critiche: ad una prima parte melodico-acustica abbastanza scontata subentrano strumenti elettrici che cercano di districarsi in temi e riff poco esaltanti, i quali culminano nella seconda parte del brano in un break confusionario e mal assemblato, con la ciliegina sulla torta di un suono di basso veramente imbarazzante. Un po’ meglio “Land of desire”, ma i suoni puliti di chitarra elettrica e la struttura più ragionata sono affossati nel marasma distorto di sezione ritmica e tastiere, così come la successiva “The way out”, brano decisamente influenzato dal prog-metal, contenente buone idee e discrete parti di chitarra ma dallo sviluppo frettoloso, terminante in appena tre minuti che hanno un sapore d’incompiuto. Niente d’esaltante da segnalare anche nei due brani finali, entrambi con gli stessi pregi e difetti dei precedenti, con i tentativi di variare la struttura in maniera progressiva che non ottengono l’effetto sperato.
E’ un peccato che “The way out” non sia riuscito a centrare il bersaglio. Assomiglia ad un’occasione sprecata, con alcune discrete idee di fondo che avrebbero meritato uno sviluppo ed una realizzazione migliore. Non resta che sperare che il suo autore, impegnato dagli anni ’90 in vari progetti musicali, riesca a mettere a fuoco la sua esperienza per produrre qualcosa di più consistente.


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Nicola Sulas

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