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CUCCI BAND Bon debarras! Le Chêne Creux 2010 FRA

-     Ecco, vedi, questo è un disco bellissimo.
-     Di cosa tratta?
-     Tratta della mancanza di un venerdì.
-     Cioè?
-     E’ la follia, è quella tendenza a vedere le cose in maniera non ortodossa, quella che fa interpretare le cose un po’ fuori dai canoni classici. Sai i matti? Quelli che ti pongono domande a cui non sai rispondere e magari la domanda è più lucida di qualsiasi risposta tu possa dare. Ecco cos’è questo disco. E la conoscenza non imbrigliata, è l’arte dell’anormalità, è la creatività basata sul diverso, è l’estro generato dall’inconsistenza della ciclicità, come quando dici la stessa parola tante volte e quella per magia perde ogni senso.
-     Ma è roba nuova?
-     Oddio, il disco è nuovo, ma la materia trattata non troppo. Ricordi la musica di Canterbury? Il jazz rock psichedelico e dadaista? Oppure ricordi le cose un po’ free e pazzerelle di certi Gong o di Dashiell Hedayat? O ancora certe cose più minimaliste e reiterate dei Magma, di quello zeuhl che ruota su sè stesso, avvinghiandosi come l’edera alla roccia? Ecco, non se hai capito.
-     Bene, sì, ma chi sono questi?
-     In realtà è una domanda mal posta. Si tratta di un musicista, compositore e polistrumentista che, sì, si fa aiutare da altri, ma in pratica fa tutto da solo. Si chiama Cédric Marcucci e suona principalmente la batteria, ma lo possiamo sentire anche alle percussioni, al piano Rhodes, al synth, al basso, alle voci, alla clavietta. Poi c’è chi lo supporta alle chitarre e ai fiati, alle tastiere e ai violini, in tutto una quindicina di ospiti. Una gran bel suonare e dal risultato direi che si sono divertiti alla grande.
-     E dimmi un po’, chi sono i suoi vati ispiratori?
-     Guarda, sul booklet c’è questa frase: “Un univers sonore original, plongé dans des Son-ges de Sons des Machines Molles, des Camamberts Électriques, des Bernard Minet et du Roi Crimson”. Non conosciamo bene il francese, ma è tutto chiaro, no? Però potrei aggiungere nomi tipo Arzachel, Egg, Matching Mole, Magma, Cos, Dün.
-     Fantastico! Belle premesse. E dimmi un po’ i brani come sono?
-     Mah, più o meno dai quattro agli undici minuti, molto variabili tra loro e al contempo molto coerenti e dai suoni carichi di anni ‘70. Fortissimi e molto ironici i titoli, che ti danno già una bella indicazione degli intenti. Vai dall’iniziale e fortemente softmachiniana “Elton dine sous sa tombe et le Géant Boiteux”, alla successiva e poderosamente gongiana “Magdaleïa”, poi trovi spunti maggiormente indirizzati verso un minimalista jazz rock zeuhliano di “Narcisse” e di “Ballade”, ma ti lascio indovinare l’indirizzo di brani come “P’tit Robert” o di “Donne m’en cinq”, ti ho mai parlato di Jaques Thollot? Ah poi troppo carina “Kraöc ou Coralie se balance” sembra che Phil Miller e i National Health spuntino dai solchi!
-     Ma quindi si tratta di una smaccata riproposizione?
-     Ma no, che dici, Marcucci, miscela tutto e ti assicuro che il risultato è persino personale, oltre che piacevolissimo, con quelle sue poliritmie e quei suoni così caldi del Rhodes.
-     E questo titolo … mi dice qualcosa.
-     Oh sì, l’ho cercato sul vocabolario. Penso che la parola che meglio lo traduca sia nel dialetto ligure: “desbarassu”, quando raccogli tutto quello che hai a magazzino, cantina, soffitta e te ne liberi, svendendolo ai mercatini, ecco, credo sia un titolo azzeccatissimo.
-     Ok, mi hai convito lo ordino pure io.



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Roberto Vanali

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