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MARIO COTTARELLI Una strana commedia New LM Records 2011 ITA

Uno dei dettami del Progressive Rock vuole che sia assolutamente vietato per un artista che si vuol riconoscere in questo genere l’utilizzo della batteria elettronica; quando non si potesse farne proprio a meno, occorre far di tutto perché la suddetta batteria appaia il più possibile come naturale o tutt’al più per renderla il meno udibile possibile. Il musicista cremonese irrompe in questo stereotipo come un troll catapultatosi dal mondo della dance music e ci propone un album in cui sembra proprio fare vanto del massiccio utilizzo di una batteria elettronica che non ci risparmia sequenze volutamente artificiose e dal suono tecnologico a tratti quasi parossistico. E… volete sapere una cosa? Funziona. Sì, non ho alcun timore ad affermare che la strana miscela che ancora il buon Mario riesce a preparare ha un suo bel perché e ci offre 45 minuti di Prog interamente concepito, suonato e cantato da lui, quasi interamente basato sul continuo duetto tra le tastiere (ovviamente di sonorità vintage non c’è traccia neanche tra queste) e la sua enfatica voce che mi ha portato in passato a fare accostamenti grotteschi e un po’ irriverenti.
Rispetto a “Prodigiosa macchina”, l’album di esordio di 4 anni prima, “Una strana commedia” pare meno ancorato a riferimenti stilistici eccellenti, recuperando una sensibilità più personale che riesce a delimitare un marchio di fabbrica più caratteristico e peculiare. Riferimenti generici ci portano ancora in territori genesisiani, ma senza evidenti cliché o timori di plagio, con momenti di delicata poesia musicale disseminati all’interno di 5 canzoni dall’umore leggero e talvolta quasi clowneschi, a dispetto delle liriche, a momenti anche piuttosto amare (vedi la title-track).
Per coloro che mal digeriscono il cantato di Mario, e si sentono più ancorati a un Prog più tradizionale, il momento clou dell’album è sicuramente rappresentato dalla lunga traccia di chiusura, “L’orgoglio di Arlecchino”, uno strumentale di oltre 12 minuti con delle tastiere in primo piano che intessono melodie molto accattivanti ed ispirate. A me personalmente piace molto anche la meno lunga “L’occhio del ciclone”, più articolata dal punto di vista strumentale (forse la traccia più genesisiana), ma anche “Corto circuito”, soprattutto per il suo intermezzo strumentale centrale, e soprattutto “Bianca scia”, brano di quasi 10 minuti ben articolato, anche con delle belle sonorità (il piano innanzi tutto) e armonie vocali più melodiche rispetto agli standard di Mario.
”Una strana commedia” dura 45 minuti; tre quarti d’ora che se ne vanno in un battibaleno, accompagnati da una musica per certi versi un po’ atipica da quanto di solito il Prog-fan medio suole ascoltare (ma siamo sempre e comunque nell’ambito del Prog sinfonico, non fatevi strane idee), soprattutto in quanto a sonorità. Mi prendo la briga di ripetere che a me questo dischetto è piaciuto e ne consiglio sicuramente l’ascolto.


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Alberto Nucci

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