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CUCAMONGA Alter huevo AltrOck Productions 2012 ARG

Ce lo dice la medicina e credo non ci sia dubbio che se uno si nutra senza sosta con uova e formaggio, il suo sangue porterà grosse dosi di colesterolo. Quindi, cosa ha mangiato, crescendo, un gruppo dal come Cucamonga? Cosa scorre, di conseguenza, nelle loro vene? La risposta non può che portare a Frank Zappa. E quel suono tra il buffo e lo sperimentale, tra il jazz serioso e il rock ironico e spavaldo è quello che permea il lavoro della band. Non vorrei stringere troppo il sacchetto delle caramelle e ridurre tutto ad un unico sapore, anche perché la varietà della proposta è ben più ampia e, per di più, gustosissima. I Cucamonga si presentano all’esordio discografico come una band che decide di puntare su un discorso di seria professionalità, anziché su un più comodo approccio commerciale e musicalmente appetibile. Certamente favoriti da grandi competenze tecniche presentano una serie di brani che coprono ad ampio spettro svariate casistiche del prog avanguardistico, quello che si tinge di jazz rock, di RIO e che poi si lancia verso forme free, tendenti anche all’improvvisazione, verso composizioni complesse con giochi mirabolanti di unisono e poliritmie di grande fattura e gusto. E’ musica essenzialmente liberatoria, carica di espressività che ci dà l’esatto metro di quanto questi ragazzi argentini si debbano essere divertiti nel fissare sui solchi le loro fantasie musicali.
A guidare la maggior parte delle composizioni nonché l’organizzazione tematica dell’opera è il chitarrista Oscar Peralta, ma ascoltando il disco risulta chiarissimo come tutti, nel quintetto, abbiano avuto modo di esprimersi con spazio e libertà massima. Sono infatti molto importanti gli spazi dedicati ai sassofoni di Bruno Rosado, al piano elettrico di Mauricio Bernal, che tra l’altro spazia anche su altre tastiere e su percussioni toniche e atoniche. Enorme il lavoro di Juliàn Macedo, che oltre alla batteria suona svariate percussioni. Mirabile anche l’operato di Adriano Demartini al basso elettrico e qui non si può non citare il finale dell’opener “Tetascotch”: una continua rincorsa di temi con accenni persino crimsoniani e di jazz rock canterburyano. E’ da notare come lo stile del bassista sia un’intrigante miscela di Bill MacCormick+Percy Jones. Pur nella loro ampia varietà i brani presentano peculiarità molto piacevoli, soprattutto quando lo sperimentalismo si fa più acceso e la vicinanza ai temi RIO si fa davvero evidente. Una carrellata sui brani da citare vede senz’altro “Tillana” brano parzialmente riferito alla tradizione indiana, arrangiato su forme jazz rock da Trilok Gurtu negli anni ’90 e qui presentato con un ulteriore avanzamento su temi progressivi e con una sezione centrale da brivido. Nei brani dove lo spirito compositivo è maggiormente indirizzato verso il jazz rock, qualcosa, pur per brevi tratti surclassati immediatamente da repentini cambi, è in grado di evocare Weather Report, Brand X, ovviamente Frank Zappa, ma anche – ad esempio – Matching Mole, Nucleus, Perigeo e questi sprazzi ci fanno trovare la band a zonzo per sentieri già proficuamente percorsi da band più recenti come Yugen, Slivovitz, D.F.A., però quel tocco personale di atmosfera, suadente e riflessiva della musica argentina, ne riesce a fare un prodotto a sé, molto eloquente in questo senso è “Cerrazon en el Teyu Cuare”. Troviamo, invece, sul lato più sperimentale e a tratti persino spinto al rumorismo minimale e un po’ cameristico, brani come “Variaciones Sobre Tu Hermana” o “Tu Guaina”.
Oltre alle ovvie, notevoli e decisamente superiori qualità positive è da segnalare una certa mancanza di colpi di geniale personalità, cosa non certo facile da trovare, ma che potrebbe fare la differenza tra un gruppo validissimo e con tante idee e un gruppo che potrebbe fare il botto e salire ai vertici della produzione progressiva mondiale. A mio avviso i Cucamonga possono farcela e per questo, oltre a consigliare con vigore questo lavoro, resto, con molte aspettative, in attesa di una seconda opera.



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Roberto Vanali

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