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CAMELIAS GARDEN You have a chance Fading Records 2013 ITA

Ho provato a mettermi nei panni di un musicista giovane che ama il rock anni settanta ma che vive il suo tempo. Non è semplice, se sei sotto i trent’anni, suonare la musica che ti piace (e non soltanto per la crisi economica, per la mancanza di spazi e per come viene considerata la musica nel nostro paese). Se sei giovane e ti avvicini al rock progressive, parti svantaggiato in partenza: o rischi sempre di essere inglobato in determinati schemi e recinti (recinti che non hai costruito tu, ma chi quaranta anni fa era il protagonista) o rischi di vivere sempre nell’ombra dei grandi personaggi del passato che a volte, solo per aver fatto mezzo disco negli anni settanta, per poi scomparire nel nulla, hanno la precedenza per l’appassionato tipo di questa musica. E ti accorgi che questa è la stessa situazione che accade in politica, nelle università, sui posti di lavoro. Anche nella musica chi è attaccato alla poltrona (che sia di vera pelle o di Ikea poco importa) non si farà mai da parte cercando di far crescere in maniera pratica i giovani, anche se poi a parole tutti dicono di volere ragazzi che suonano e che si avvicinano al rock progressive.
La soluzione sarebbe quella di fare implodere questo modo di intendere questo genere musicale che amo, cercare di creare qualcosa di alternativo anche se in questo qualcosa di alternativo, anche la mia generazione viene messa un po’ da parte (e non parlo necessariamente di aspetti musicali ma di sfruttare possibilità e luoghi che tradizionalmente non fanno parte del background del rock progressivo e del suo appassionato tipo).
Nel loro piccolo i Camelias Garden ci provano a cambiare le carte in tavola, provando ad occupare musicalmente spazi e locali che non sono mai stati tradizionalmente territori del rock progressive ma della scena indie romana (con una proposta musicale che non è per niente indie ma che riesce a coinvolgere anche altri tipi di appassionati), suonando tantissimo in giro (e la loro attitudine acustica li aiuta in questo), e coinvolgendo gruppi con i quali condividono, se non la label, determinate scelte musicali nei loro concerti, per provare a ricreare una simil scena musicale veramente alternativa sia alla musica commerciale per giovani, sia alla musica pseudocommerciale (perché è l’unica che fa girare qualche soldo) per vecchi (PFM, Banco, Le Orme, New Trolls etc. etc.).
Ed è bello che questo disco sia uscito per un’etichetta che, visti i suoi nomi di punta, è lontana anni luce dalla proposta acustica del gruppo di Valerio Smordoni e che abbia avuto la produzione di Massimo Dolce dei Gran Turismo Veloce. Perché solo collaborando e vedendo le cose da diverse prospettive (e magari con occhi diversi dai nostri) si riesce a fare lavori musicali di qualità e che possono essere apprezzati oltre i soliti quattro gatti (anche se magari i primi a non apprezzare determinate scelte saranno proprio i quattro gatti).
Parlando dell’aspetto musicale, questo è il classico disco che mi aspetto oggi da un gruppo giovane che ama il rock progressive. Musica che ha deferenza per i mostri sacri ma che sa guardarsi intorno, sa farsi contaminare, sa essere fresca e non banale.
Gli intrecci acustici tra le chitarre faranno la gioia di chi ha amato (e ama) Acqua Fragile, PFM, Genesis ma saranno apprezzati anche da chi ama Crosby, Stills e Nash o gruppi alla King of Convenience e a chi è affascinato da atmosfere folk.
La delicatezza di “Some stories” e “Knight’wow” sono il biglietto da visita di questo gruppo. “Dance of the Sun” sarà il brano più amato dagli appassionati prog con i loro riferimenti a PFM e Genesis, anche se i miei brani preferiti rimangono “The whitered throne” e “Mellow days”.
La miscela di rock progressive e folk contenuta in questo “You have a chance” difficilmente lascerà indifferenti chi ama la musica di qualità, anche se questa musica non è fatta dalla vecchia gloria di turno alla quale tutto è perdonato. Grande disco di esordio.


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Antonio Piacentini

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