Home
 
C SIDES We are now autoprod. 2017 UK

“We are now” è il secondo lavoro dei C Sides, quartetto gallese nato nel 2007 e formato da due ex Magenta, il chitarrista e tastierista Martin Rosser e il batterista Allam Mason-Jones, affiancati dal bassista Jay MacDonald e dal cantante Allen McCarthy. Partendo dalle credenziali, dal tipo di formazione e tenendo anche conto della distribuzione curata dalla White Knight Records ci si potrebbe aspettare un classico disco a cavallo tra rock sinfonico e new-prog. Pur non mancando certi accostamenti a questi inflazionati generi la realtà è un po’ diversa e lo si percepisce subito. La partenza affidata agli oltre nove minuti vibranti e tecnologici di “Out of the water” è difatti un buon biglietto da visita per comprendere chi sono i C Sides, per l’occasione alle prese con un sound che fa pensare agli anni ’80 di Yes, Rush e, di tanto in tanto, persino Deep Purple. Si capisce subito, in pratica, la direzione in cui si muove la band, che prova ad attirare l’ascoltatore con chitarre elettriche abbastanza infuocate, ritmi spediti, scelte timbriche ben lontane dal vintage e melodie vocali che contribuiscono a dare una certa immediatezza. Così, gli oltre sessantotto minuti di “We are now” seguono con una certa precisione queste coordinate, che diventano al contempo il pregio e il difetto dell’album. Se da un lato, infatti, si può dar merito alla band di aver creato una serie di composizioni che delineano uno stile ben preciso e dal quale si avverte anche una certa personalità, dall’altro possiamo avvertire una certa mancanza di dinamiche (salvo pochissime eccezioni), con riff e ritornelli fin troppo ripetuti che portano ad una sorta di prevedibilità delle soluzioni adottate e a sonorità che, vista anche la lunga durata dell’album, tendono un po’ a stancare man mano che l’ascolto prosegue. Sono rare, infatti, le occasioni in cui i musicisti provano a diversificare le cose o a inserire qualche scelta inaspettata ed è un peccato, perché quando ciò avviene dimostrano chiaramente di poter giocare altre carte valide, vedi la bella sezione acustica centrale di “Black road river”, la ballad con belle armonie vocali “Truth through clowns”, o le splendide trovate chitarristiche della breve strumentale “Before the fall”. Non manca, inoltre, qualche composizione che si eleva dalla media, vedi “Rock and a hard place”, che potrebbe quasi sembrare una outtake di “Drama” e la conclusiva title-track che con il suo incedere in crescendo sembra avere una marcia in più. Stiamo comunque parlando di un disco nel complesso valido, anche se non adatto a tutti i gusti e non privo di difetti, come già evidenziato. Eppure alla fine un 7- come voto finale glielo si può dare.



Bookmark and Share

 

Peppe Di Spirito

Italian
English